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Dalle scaloppe ai numeri primi

Un delizioso trenino d’altri tempi, partito dalla "stazione piccola" di Modena, mi sta portando a Sassuolo per assistere  alla lectio magistralis, al Festival della Filosofia 2014, di uno dei miei filosofi preferiti Zygmunt Bauman, ma anche per incontrare dopo tanti anni un amico di vecchia data Alberto Broglia.
Di anni ne sono passati davvero tanti…..lo riconoscerò? Mi riconoscerà? Per non sbagliare meglio munirsi di una rosa rossa!!!
Ed eccoci dopo tanto tempo a parlare come se gli anni non fossero mai passati, con la voglia di raccontarci tante cose, stimolando a vicenda la nostra curiosità.
Tra queste curiosità una ci conduce a parlare dei numeri primi, di Euclide, della certezza della matematica, della possibilità o impossibilità che tutto possa essere dimostrato……..e mi ha stimolato a scrivere questo post.
Si tratta di un articolo che Alberto Broglia (alias Ugolino) ha scritto in “ABIMI’S cronaca e riflessioni alla ricerca delle radici per la Collana Amàrantos, pubblicato il 1° novembre 2005 sul n° 3 del settimanale on line DaBicesidice, che qui riporto integralmente, seguito da alcune mie considerazioni.


Euclide - Elementi
 Nel testo euclideo i numeri sono segmenti e il concetto “a è divisibile per b” è reso come “il segmento CB misura il segmento DA”; “misurare” nel senso di mettere vicine tante copie di CB e coprire esattamente DA 

Scaloppe al marsala

La mattina, talvolta, mi apposto in cucina per preparare il pranzo. Cucinare mi piace e mi diverte, e, mentre cucino, un po’ per abitudine, un po’ per curiosità accendo il televisore. Qualche giorno fa, il 14 agosto se ricordo bene, mentre preparavo alcune scaloppe di pennuto al marsala, è andata in onda su Raitre la trasmissione “Cominciamo bene Estate”, condotta dal bravo prof. Michele Mirabella e dalla piacevole Ambra Angiolini. Gli argomenti erano particolarmente interessanti: nella prima parte il tema del dibattito era intitolato “i miracoli”.
La seconda parte, sempre ispirata ad argomenti di ordine religioso, affrontava invece il tema del “paradiso” e, quindi, indirettamente, dell’anima e dell’Aldilà.. Questa seconda parte, che ha visto tra gli ospiti, un Cardinale cattolico, un Imam musulmano e un Lama buddista, quantunque interessante, è meno degna di commenti, perché le tre posizioni erano troppo distanti per poter consentire un commento che abbia uno straccio di filo conduttore. Le disquisizioni emerse circa l’argomento della prima parte, ed in particolare la posizione assunta da uno dei tre ospiti, merita invece una seppur breve chiosa. (Del termine “chiosa” si vale spesso anche il prof. Mirabella, e ne vorrei approfittare anch’io).
A codesta prima parte partecipano: un luminare della medicina, facente parte della commissione che esamina gli eventi miracolosi, quasi sempre connessi a guarigioni inspiegabili, un professore che si professa ateo ed un cardinale. Siccome non ricordo i nomi dei primi due esponenti, per rispettare la par condicio, tanto cara all’ineffabile onorevole Oscar Luigi Scalfaro, non dirò nemmeno il nome del Cardinale, che invece ricordo bene.
Con l’abile e dotta conduzione del prof. Mirabella, la questione viene trattata sotto il profilo religioso dal Cardinale, mentre la prospettiva scientifica è illustrata dal professore di medicina: costui ha posto in luce la cautela e la meticolosità con cui vengono analizzati gli eventi considerati miracolosi. Infine si è ascoltata la posizione del professore ateo. Un’esposizione, quest’ultima, obiettiva, illuminata, fedele ai fondamenti della Kültüra con la K maiuscola, quella che si rifà al positivismo, al materialismo, al progressismo e che sfocia, oggidì, nel relativismo più elevato.
L’ateo professore esordisce richiamando l’aspro contenzioso che ha visto, per un lungo periodo, il Sant’Uffizio da un lato e Padre Pio dall’altro, prosegue con l’immancabile rimando alla persecuzione da parte della Chiesa, impersonata dal cardinale Bellarmino nei confronti di Galileo, e conclude sottolineando la fretta con cui la Chiesa abitualmente tratta gli eventi miracolosi. Lo “spessore kültürale” e la capacità del ragionamento epistematico (deduttivo: che dalle leggi universali discende fino alle verità particolari) lasciano ammutoliti: siamo in presenza della punta di diamante della kültüra: quella nichilo-anarco-radical-progressista di sinistra. Il meglio del meglio.
Ammaliato, annaffio il pennuto con mezzo bicchiere di marsala.
La conoscenza storica degli eventi riguardanti Padre Pio e l’analisi obiettiva del loro svolgersi dovrebbe indurre il dotto professore ad una maggior cautela: se è vero che per un certo periodo la Chiesa ha guardato con sospetto agli eventi che accadevano a San Giovanni Rotondo, assumendo anche posizioni severe nei confronti del Frate di Pietrelcina, è altrettanto vero che poi, dopo le approfondite indagini, si è corretta, arrivando a canonizzare San Pio. Fra l’altro, questo esempio sarebbe sufficiente a palesare l’evidente contraddizione insita nell’accusa di eccessiva celerità della Chiesa nel valutare i fatti: sono trascorsi decenni prima che avvenisse il mutamento di indirizzo e la susseguente canonizzazione.
Ma il nostro luminescente professore non si cura di simili dettagli, non si cura di frati, di santi, né tanto meno di Dio. Egli detiene l’episteme (il sapere certo, la conoscenza esatta). La luce della ragione gli è sufficiente. Alla luce della scienza può tutto spiegare. E l’accusa di eccessiva fretta è un pilastro del ragionamento che svolgerà più avanti. Come dire: se la Chiesa non avesse tutta quella fretta, molti “miracoli” troverebbero, col tempo, la loro spiegazione razionale e scientifica.
Quanto alla questione fra la Chiesa e Galileo, forse non è del tutto vero che la Chiesa lo ha perseguitato; forse occorrerebbe valutare quegli eventi calandosi in quella realtà ed in quel contesto storico e filosofico. Ma queste sono questioni kültüralmente irrilevanti, non sono allineate alla kültüra con la K maiuscola. E poi Brecht è Brecht. E non si tocca.
Infine si giunge al nodo centrale della questione “miracoli”, e qualcuno chiede:
- Scusi, professore, ma in presenza di guarigioni analizzate e, come ci conferma l’illustre uomo di scienza qui presente, non scientificamente spiegabili, lei che spiegazione si dà e ci dà?
La risposta, lapidaria, è un vivido guizzo di intelligenza, abbagliante come una saetta:
- Ciò che la Scienza oggi non riesce a spiegare, verrà spiegato in futuro.
Questo, in estrema sintesi, il ragionamento epagogico (induttivo) del Nostro. Poi, accortosi forse dell’asserto un po’ ardito, lo sorregge con alcune prove: i fulmini ad esempio, che l’umanità un bel giorno, grazie alla Scienza appunto, ha capito non esser scagliati da Giove, ma essere frutto di un fenomeno fisico, ed altre dotte citazioni consimili.
Noi, gente retriva, ottusi credenti in Qualcuno che solo è frutto della nostra fantasia malata, siamo abbacinati e ammutoliti da cotanta dottrina.
Tuttavia, mentre rigiravo le scaloppe di pennuto, mi son venute alla mente alcune domande che avrei voluto porre all’esimio professore:
- Scusi Professore, ma Lei ci gratifica, pur non affermandolo apertis verbis (a chiare lettere), di essere creduloni e sempliciotti, perché, con un atto di Fede, crediamo nell’esistenza di un’Entità superiore. Entità di cui non sappiamo fornir prova dell’esistenza, e quindi frutto, a parer Suo, solo della nostra fantasia. Inoltre, come se non bastasse, su questa superstizione noi costruiamo quel castello di fandonie che chiamiamo Religione. Potrei rispettosamente farLe notare che, e mi perdoni l’ardire, se è pur vero che non si può dimostrare a fil di logica che Dio esiste, non si può dimostrare neppure che Egli non esiste. E molti eventi storici farebbero propendere per la prima ipotesi.
- Ma Lei, scusi, quando asserisce che la Scienza spiegherà domani ciò che oggi non può spiegare, non compie un atto di fede? Non attribuisce alla Scienza (ossia alla Ragione) un valore che trascende la sua essenza, per elevarla a qualcosa di assoluto? Non sta, in altre parole, da buon sacerdote dello scientismo, divinizzando la Scienza e quindi, indirettamente, il lume della Ragione? E chi Le ha rivelato che la Scienza potrà tutto spiegare? Le risulta che in passato sia stato sempre così? Capisco che l’esempio dei fulmini è stato da Lei proposto per permettere alle nostre semplici menti di capire il concetto, ma le risulta che la Scienza, la Ragione, abbian spiegato sempre tutto? Veda, professore, provo a venire sul suo terreno, nel campo della regina delle Scienze, la Matematica e, nell’ambito della Matematica, proprio all’apice della più astratta razionalità: la Numerologia.
- Mi sa dire come possa accadere che fino ad oggi nessuno abbia saputo spiegare perché esistono i numeri primi1, gioielli incastonati nell’immensa distesa dei numeri, e qual è l’equazione che regola la loro oscura cadenza? Veda, illustre e dotto professore, ci si sono cimentate le menti più alte, a cominciare da Euclide, Eratostene (quello del crivello, Lei lo conoscerà certamente), e poi Gauss, Eulero, Riemann, il grande matematico che ha formulato intorno al 1860 a Gottinga l’elegante ipotesi che ancor oggi porta il suo nome, giù giù fino ai tempi nostri Bombieri, Connes … Ma nessuno ha saputo e sa rispondere.
Immaginando di essere in studio con il valente professor Mirabella, mi sono figurato il volto leggermente smarrito e meno fluorescente del brav’uomo, che s’andava aggrappando a citazioni di Hegel, Lamarck, Comte, Rousseau …. Ed anche il libretto rosso di Mao.
Stavo per continuare con altre domande, ma, nel frattempo, il marsala si è prosciugato e le scaloppe, dannazione, si sono semi carbonizzate.
Autore: Ugolino - 1/11/2005
(Alberto Broglia)
1 Veri e propri atomi dell’aritmetica, si definiscono primi i numeri interi indivisibili, cioè quelli che non possono essere scritti come prodotto di due numeri interi più piccoli. I numeri 13 e 17 sono primi, mentre 15 non lo è, dato che può essere scritto come prodotto di 3 e 5. La loro importanza per la matematica deriva dal fatto che hanno il potere di costruire tutti gli altri numeri. L’aspetto affascinante ed enigmatico dei numeri primi consiste nel fatto che, a dispetto della loro apparente semplicità, dato un elenco di numeri primi lungo a piacimento, è impossibile prevedere quando apparirà il successivo. Marcus du Sautoy “L’enigma dei numeri primi” pag. 15 - Ed. Rizzoli 


E’ indubbio che Alberto Broglia, con la sottile e piacevole ironia che contraddistingue il suo modo di scrivere, cerchi sostanzialmente di mettere in luce quante poche certezze ci riservi la Scienza e anche la stessa matematica, “la regina delle Scienze”.
Senza dimenticare che il dubbio è alla base di ogni scienza, figuriamoci della matematica, e senza addentrarmi nel difficile terreno della "fede", sia essa scientifica o religiosa, vorrei qui solo ritornare sull'argomento dei numeri primi e sull’impossibilità o possibilità di riuscire a dimostrare una loro distribuzione secondo uno schema regolare e non casuale.
Ricordo che il grande matematico tedesco David Hilbert esattamente un secolo fa, nel 1900, presentò a Parigi quelli che erano secondo lui, in quel momento, i 23 problemi più importanti ancora da dimostrare, problemi che hanno attirato, nel Novecento, le migliori menti matematiche, impegnate nella loro soluzione.
Sono ora ancora tre i problemi di Hilbert che non hanno avuto soluzione e uno di questi è riproposto dal "Millenium Prize".
Si tratta proprio dell'Ipotesi di Riemann che riguarda la distribuzione dei numeri primi all'interno dei numeri naturali. Una distribuzione che sembra casuale ma che potrebbe venire chiarita proprio dalla dimostrazione di questa ipotesi.

Funzione Zeta di Riemann

Alcuni numeri hanno la proprietà speciale di non poter essere espressi come il prodotto di due numeri interi più piccoli, per esempio, 2, 3, 5, 7, ecc Questi numeri sono chiamati numeri  primi , e svolgono un ruolo importante, sia in matematica pura che nelle sue applicazioni.
La distribuzione dei numeri primi, fra tutti i numeri naturali, infatti non segue ancora nessuno schema regolare. Tuttavia, il matematico tedesco Georg Friedrich Bernhard Riemann  (1826 - 1866) ha osservato che la frequenza dei numeri primi è strettamente legata al comportamento di una funzione complessa

    ζ (s) = 1 + 1/2 s  + 1/3 s  + 1/4 s  + ...

chiamata la  funzione Zeta di Riemann.
L'ipotesi di Riemann afferma che tutte le  soluzioni interessantidell'equazione

    ζ (s) = 0

si trovano su una certa linea retta verticale.
Questo è stato controllato per i primi 10 miliardi di soluzioni. Una prova che sia vero per ogni soluzione interessante potrebbe far luce su molti dei misteri che circondano la distribuzione dei numeri primi.

Ma perché questa sfida sui numeri primi? Perché sono essenziali nella crittografia, la scienza dei codici segreti. Oggi qualsiasi tipo di comunicazione, non solo militare, per garantire sicurezza e riservatezza deve essere confezionata con dei codici in grado di renderla inattaccabile. Dalle transazioni con carte di credito alla navigazione in Internet, tutto si basa sui sistemi crittografici. Il più diffuso è noto con la sigla Rsa e fa ricorso ad un numero primo con un centinaio di cifre. Aumentare le cifre significa rendere il codice sempre più impenetrabile.  “Cercarli - diceva il grande Carl Gauss nel 1801 - è una delle sfide più importanti della matematica”.

Un gigante dell’eterna caccia era stato il monaco francese Marin Mersenne che agli inizi del ’600 trovò una classe di questi numeri che portano il suo nome.

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M_n = 2^n - 1

Forse l’ultimo, più grande numero primo di Mersenne è stato scoperto nel gennaio 2013 da un gruppo di ricercatori capitanati da Curtis Cooper, George Woltman e Scott Kurowski e per scriverlo sono occorse oltre diciassette milioni di cifre, esattamente 17.425.170  (con n = 57.885.161)

Il "Millenium Prize" sarebbe quindi un’ occasione per dimostrare ciò che parrebbe indimostrabile e anche per diventare milionari. Oltre all’ipotesi di Riemann ci sono infatti altri importanti problemi ancora irrisolti. I premi sono offerti da un ricco uomo d'affari di Boston, Landon Clay, innamorato della matematica, il quale ha fondato il Clay Mathematics Institute, un ente che promuove e diffonde la cultura matematica. "Dove c'è matematica - dice Clay - c'è bellezza. Il fascino della matematica è universale e nessun paese ne può avere il monopolio". I problemi sono stati scelti da una commissione di matematici di cui faceva parte anche Andrew Wiles, il matematico di Princeton che è riuscito a dimostrare l'Ultimo Teorema di Fermat.
Gli organizzatori del "Millenium Prize", così è stato appunto battezzato il nuovo premio matematico, vorrebbero ripetere il successo dell'iniziativa di David Hilbert. Oltre all’ipotesi di Riemann, un altro problema storico entrato nel Millenium Prize è la congettura di Poincaré, un problema topologico, di superfici, risolto da  Grigori Perelman, che però ha rifiutato il premio. Un milione di dollari anche a chi riuscirà a risolvere la congettura di Birch e Swinnerton-Dyer, collegata all'ipotesi di Riemann e riguardante equazioni a numeri interi, oppure il Problema P uguale a NP, un problema di informatica che la maggior parte degli esperti ritiene senza soluzione. Soluzione che avrebbe però importanti implicazioni anche per Internet.
Legate al Millenium Prize anche le equazioni di Navier-Stokes che nessuno finora è riuscito a risolvere, se non in forma approssimata al computer e che hanno grosse implicazioni pratiche essendo lo strumento matematico necessario per descrivere e prevedere onde come quelle che seguono un'imbarcazione in movimento o la turbolenza in coda a un jet. Ultimo problema del Premio è la Teoria di Yang-Mills che i matematici non sono ancora riusciti a chiarire, utile per descrivere il rapporto fra geometria e particelle elementari della meccanica quantistica.

Certo sono tutti problemi di difficile comprensione ma che potrebbero venire risolti anche se sembrano ora non avere soluzione.
Non riusciranno forse mai a dare certezze e a spiegare tutto, ma faranno fare un passo in più nella conoscenza e, come afferma Wiles, “la soluzione di questi problemi aprirebbe nuovi affascinanti spazi di indagine, mondi che oggi riusciamo appena ad immaginare".


Nota
Per approfondire l’argomento, oltre ai collegamenti diretti con Wikipedia, l'archivio storico del St. Andrews College, riporta le biografie di tutti i matematici citati in questo articolo 





Carnevale della Matematica #77

Puntuale come sempre domenica 14 settembre è uscito il Carnevale della Matematica n°77  (All’alba melodioso), che ha come tema "Matematica mostruosa, spaventosa, vertiginosa" e ad ospitarlo è Paolo Alessandrini sul suo blog  Mr. Palomar .



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Benvenuti all'edizione numero 77 del glorioso Carnevale della Matematica, la terza ospitata da Mr. Palomar.
Come vuole la tradizione carnevalizia, si comincia con alcune curiosità legate al numero 77..................(continua)

Lo stesso Paolo Alessandrini introduce così il mio contributo:
Il contributo di Annalisa Santi, dal blog Matetango, si intitola John Nash, tra genio e follia.
Con le parole stesse dell'autrice: 
Giusto per cercare un aggancio si potrebbe dire che John Nash  ha dimostrato che proprio la matematica gli ha permesso di uscire dal tunnel della schizofrenia paranoide, questa sì "mostruosa, spaventosa, vertiginosa"!  Nash ha sostenuto infatti che: "La matematica, il calcolo e i computer sono stati la medicina che mi ha riportato ad un'idea più razionale e logica, aiutandomi a rifiutare il pensiero e l'orientamento allucinatori. La matematica è curativa e in America viene usata nella terapia occupazionale al posto dei farmaci. Con ottimi risultati!"



Paolo Alessandrini ringrazia di cuore tutti i partecipanti e comunica che la prossima 78esima edizione uscirà tra un mese sul blog Crescere creativamente di Maestra Rosalba, con il tema "Disegnate la matematica". Il nome in codice sarà il merlo canta allegro.
Evviva il Carnevale della Matematica!

Tobia Ravà dipinge la Matematica

"Per me rimane una questione aperta se questo lavoro appartiene al regno della matematica o a quello dell'arte"¹

Così definiva il suo lavoro artistico Maurits Cornelis Escher, il grande incisore e grafico del secolo scorso, che sicuramente è il genio più amato da scienziati, logici, matematici e fisici per l'uso razionale di poliedri, distorsioni geometriche, interpretazioni originali di concetti appartenenti alla matematica (autoreferenzialità, processi ricorsivi, infinito e moto perpetuo, talassature.....), da cui otteneva effetti paradossali.
Questa frase, ripresa in occasione della presentazione di una prossima mostra a Roma dedicata al grande intellettuale olandese, mi ha anche ricordato un pittore/scultore contemporaneo Tobia Ravà, che mi aveva colpito e incuriosito alla prima mostra di MiArt a cui partecipai, invogliata da un'amica appassionata di pittura contemporanea, nel 2009.
Il tema proposto nello stand di Artiscope e ispirato da un dipinto di Magritte era "L'Usage de la Parole", ma più dell'uso della parola mi colpì l'uso dei numeri in una delle altre opere esposte.


Tobia Ravà - 2008 Fuga senza fine


Uso dei numeri che è ripreso, non a caso, nella brochure del Kangourou della Matematica 2015, gara di matematica che il dipartimento di Matematica dell'Università degli Studi di Milano organizza ogni anno, dal 1994, per gli studenti della scuola primaria e secondaria di I e II grado.
Si tratta infatti dell'opera "Soglie Celesti" che Tobia Ravà eseguì nel 2004, con tempere acriliche su juta e che fa parte di una collezione privata di LasVegas (USA).



Tobia Ravà - 2004 Soglie Celesti

Mi incuriosì tanto che decisi di capire se effettivamente quei numeri racchiudessero un vero simbolismo o fossero semplicemente disegnati come sfondo.
Da appassionata e studiosa di matematica, guardando il quadro di Ravà, mi resi conto di essere attratta da quel tappeto di cifre, simboli e numeri, e indotta a cercare se fossero proprio questi a dare il vero significato e il messaggio dell'opera.
Scoprii così che il simbolismo e il fascino dell'opera di Ravà sta tutto nell'uso dei numeri o delle parole, attraverso la mediazione della tradizione ebraica della ghematrià, che assegnando valori numerici alle lettere dell'alfabeto, e viceversa, gli permette di stabilire un rapporto fra cifre e parole generando veri e propri significati.
I numeri quindi che si vedono nei quadri non sono messi a caso, per fare da sfondo, ma devono essere letti, interpretati e compresi.
Operazione questa molto complessa per un semplice osservatore e quindi queste opere si potrebbero ammirare anche senza scendere in profondità, limitandosi a goderne gli aspetti cromatici e delle forme, ma si farebbe sicuramente un torto all'artista, rimuovendo la vera sostanza e simbologia che le ha generate.



Tobia Ravà - 2010 Unifica gli opposti 

Leggendo un'intervista fatta all'artista, dopo una sua mostra personale, ho incominciato a capire il senso della sua arte e della sua simbologia numerica, che propone appunto un nuovo approccio simbolico attraverso le infinite possibilità combinatorie dei numeri. 
Un fitto tracciato di numeri e lettere che vogliono significare i concetti fondamentali della cultura ebraica, concernenti l’etica e la riqualificazione dell’uomo e dell’ambiente, attraverso un processo di permutazione (ghematrià).
Fitto tracciato che fa si che i suoi dipinti, se osservati da vicino, perdano quasi del tutto la loro capacità figurativa presentandosi come puro testo, ermetico, “criptato” attraverso la sostituzione delle lettere con i numeri, secondo appunto la tecnica cabbalistica della ghematrià. 


Rappresentazione gematrica del Tetragramma coi suoi valori numerologici - il risultato "72"è un numero fondamentale nelle Scritture 

La Ghimatriah, ghematriah, ghematria o gematria (in ebraico: גימטריא/גימטריה?, traslitt. gēmaṭriyā) è un sistema ebraico di numerologia che studia le parole scritte in lingua ebraica e ne assegna i valori numerici, affermando che parole e/o frasi con un valore numerico identico siano correlate, o dimostrino una qualche relazione col numero stesso, applicato per esempio all'età di una persona, ad un anno del calendario ebraico o simili. È uno dei metodi di analisi utilizzati nella Cabala. Uno degli esempi migliori di ghimatriah è la parola ebraica Chai חַי ("vivente"), composta da due lettere che (usando le assegnazioni della tabella Mispar gadol) assommate danno come risultato il numero 18. Questo ha reso il 18 un "numero fortunato" tra gli ebrei e vengono spesso regalati doni che siano multipli di 18.
La parola deriva dell'ebraico "גימטריה (gīmatrīyā)"; adattamento del greco "γεωμετρία (geōmetría)" cioè "geometria".
La premessa della ghimatriah è una peculiarità dell'alfabeto ebraico, il quale veniva normalmente utilizzato sia per rappresentare le parole sia come sistema di numerazione di tipo additivo. Ad ogni parola espressa nell'alfabeto ebraico può quindi essere associato un numero, ottenuto sommando i valori numerici di ogni singola lettera. La ghimatriah viene applicata per decrittare significati nascosti all'interno della Bibbia ebraica tramite il loro valore numerico. 
Esistono diversi metodi di ghimatriah, che avvengono solitamente secondo livelli di esegesi ebraica omiletica ma, come ogni aspetto della Torah, sono applicati anche nell'approccio interpretativo della Cabala, il Sod. (da Wikipedia)


Tobia Ravà - Polvere d'infinito


I numeri e i caratteri ebraici dominano quindi le tele di Tobia Ravà disegnando foreste, interni di fabbriche dismesse, templi, calle della sua Venezia.......luoghi che risultano comunque sempre pervasi da un’atmosfera sospesa, metafisica, dove la luce si irradia in spazi totalmente privi della figura umana.
Tra questi luoghi si trova anche una rappresentazione della Mole Antonelliana, edificio-simbolo torinese che ha accolto sulla sua superficie un’altra serie numerica, quella del matematico medievale Fibonacci, realizzata con il neon da Mario Merz
Questa sua opera che segna un ulteriore legame con la matematica, vuole essere forse anche un riferimento all’iniziale destinazione d’uso della Mole: la sinagoga. 


Tobia Ravà - 2005 Punto di contatto

Tele che l'osservatore percepisce quasi come “elementi di calcolo trascendentale” (titolo dato anche a una sua mostra) pur restando affascinato dalla bellezza della componente figurativa.
Un intreccio di numeri e lettere che a volte sembra disegnare quasi un vortice verso l’infinito, attraverso spirali che ricordano le vertiginose costruzioni di Escher. 
L’estendersi della pittura sulla cornice sembra quasi voler annullare la prospettiva albertiana, presente ma come pura apparenza, sottraendo allo sguardo la percezione di un centro prospettico, quasi come se Ravà volesse esprimere l’infinito, "il senza fine"(l’En-sof, il senza fine appunto).


Tobia Ravà - 2010 L'Enigma di Padula 


Tobia Ravà - 2005 Zimzum con Fibonacci

Uno dei meriti di Ravà è quindi quello di essere riuscito a "disegnare la matematica", vale a dire a comunicare, con l'arte pittorica, concetti astratti, illustrando efficacemente una scienza che sembrerebbe visibile solo attraverso immagini mentali.

Note
1) “For me it remains an open question whether [this work] pertains to the realm of mathematics or to that of art.” - M.C. Escher



Padova - Centro culturale Altinate San Gaetano 


Alcune opere della mostra

Tobia Ravà - Il quadrato dell'albero

Tobia Ravà - Il sacro ascolta

Tobia Ravà - Trota (scultura)

Fonti:

http://www.tobiarava.com/
Opere
http://www.tobiarava.com/html/opere/raccolte.htm
Galleria Artiscope Bruxelles
http://www.artiscope.be/artists/33-rava
Ermanno Tedeschi Gallery
via Pomba 14 - 10123 Torino
via Voghera 14 - 20144 Milano
Mostre
http://www.tobiarava.com/html/mostre/personali.htm
http://www.youreporter.it/gallerie/Incontro_I_Codici_di_Rava_tra_kabbalah_e_matematica/#2
http://www.kulturshop.it/tobia-rava/
Miart 2009
http://www.tobiarava.com/html/news/news_2007.htm

Donna e Tango

"Essere se stesse senza frenesie o ansie. Comprendere che la propria bellezza risiede nella signorilità dei propri comportamenti e nell’eleganza dei piedi. Far sentire l’altro a proprio agio, ma anche saper dire con garbo ‘no’. La signora del tango non scende a compromessi, cerca un punto d’incontro. Non si mostra esageratamente. Assapora le atmosfere, ne ricava piacere per l’anima, offre la sua qualità..."
Con queste parole Zuleika Fusco introduce questo suo editoriale, chiaro, semplice e nello stesso tempo molto profondo, contraddistinto da un linguaggio e da una sensibilità che appartengono solo a chi ha davvero interiorizzato questo ballo. 
Un ballo che va infinitamente oltre i passi!


Donna e Tango. 

Il coraggio di esporsi, il coraggio di essere





"Nel tango la donna compie un percorso che la vede trasformarsi. Non impara semplicemente dei passi, ma conosce se stessa, ed il lavoro sul corpo può diventare un percorso di consapevolezza. Incomincia dall’affrontare la sua timidezza. Non a caso prima di tutto si confronta con l’imbarazzo di quella intimità che l’abbraccio del tango produce almeno all’inizio. Certo, non è semplice per una persona comune condividere lo spazio ristretto che l’abbraccio delimita, mettendola a nudo, perché inconsciamente le fa fare i conti con la sua capacità di relazionarsi con l’altro, ma anche con se stessa e il suo corpo… Per la donna di oggi, così abituata a lottare per l’ autonomia, così abituata a fare da sola, è difficile concedersi di chiudere gli occhi per farsi guidare in pista dall’uomo, che ha il compito di scegliere la direzione e i passi da eseguire. Eppure attraverso il tango lei può recuperare fiducia nel suo sentire, apprezzare il piacere dell’accudimento da parte del maschile ed esprimere tutta la sensibilità che la contraddistingue.
Di fatto la donna è protagonista insieme all’uomo. Dobbiamo pensare che il tango è il risultato di un progetto condiviso, in cui due persone creano una terza entità che si chiama coppia e che si nutre del carattere di entrambe. La donna non è passiva, come molti pensano, convinti che questa sia una danza macha o maschilista. Lei rappresenta il gioiello che rende bella la coppia, mentre l’uomo lavora per mostrarla e ne guadagna in cambio soddisfazione e nutrimento. Nell’eseguire la loro danza, i due ballerini contribuiscono in egual misura, nel valore dei ruoli diversi che interpretano. Il tango evidenzia il valore della diversità. Ma ad un tratto avviene un passaggio…
Tutto comincia nel momento in cui si capisce che lei nel tango è come la luna. Rende d’argento quel filo sottile che si chiama connessione, trasforma in magia quella luce che raccoglie dall’uomo, facendolo diventare un silenzioso re. Perché se l’uomo mentre danza ha la responsabilità di accompagnare e di proteggere, la donna ha il ruolo di sentire e di tramutare con delicatezza quell’input in Bellezza, fidandosi del proprio partner, onorando la sua energia e interpretando il suo messaggio, affinché appaia piacevole anche agli occhi di chi guarda.
Secondo il galateo di questa relazione che si chiama tango, la donna consapevole non sceglie, ma favorisce la scelta, la induce sottilmente, mostrandosi al meglio di sé e donando incondizionatamente la sua buona energia. Fa intendere con un linguaggio che non utilizza parole, piuttosto comportamenti e sguardi. La tanguera lo comprende sin dalla sua prima esperienza in milonga, quando con ardire decide di esporsi, accettando di sedersi ad un tavolo nell’attesa di un invito. Quello giusto, sognerebbe lei… ma il tango, come la vita, è fatto di mille sfumature e vissuti, di incontri disastrosi, con lieve sapore, o incantevoli.
La tanguera in altri termini è una creatura coraggiosa. Accetta infatti le sue vulnerabilità e le trasforma in risorse, sedendosi su quella sedia e accettando con stile che durante una serata potrà essere invitata o meno, potrà ballare o no. Impara ad apprezzare lo stare, ascoltando la musica e conversando, interpretando la dimensione sociale del tango e soprattutto lavorando su di sé per comprendere che l’eventualità di mancati inviti non è fatto personale, ma la risultante di una complessità di fattori, non ultimo la fragilità di un maschile che spesso nasconde infinite sfaccettature.
E nel momento del ballo? La donna è signora quando impara l’arte più fine. L’ascolto. Nel tango ascoltare significa prestare orecchio alla musica e al suo reale messaggio, poiché non tutto si balla nello stesso modo. Significa sentire realmente il partner, accogliendo la sua personalità e lavorando per creare un incontro piacevole che si tramuti in intesa. Significa soprattutto portare attenzione a sé, non in modo egoistico, ma per sapersi gestire, far sì che l’equilibrio del proprio corpo parta prima da un conoscersi profondamente, da un rispettare i propri bisogni, dall’onorare i propri limiti oltre che le proprie ricchezze.
Essere se stesse senza frenesie o ansie. Comprendere che la propria Bellezza risiede nelle signorilità dei propri comportamenti e nell’eleganza dei piedi. Far sentire l’altro a proprio agio, ma anche saper dire con garbo ‘no’. La signora del tango non scende a compromessi, cerca un punto d’incontro. Non si mostra esageratamente. Assapora le atmosfere, ne ricava piacere per l’anima, offre la sua qualità"
Zuleika Fusco



Editoriale di Zuleika Fusco dalla rivista El tanguero n 15 anno 2014 


Il Doctor Who e i numeri felici

Un articolo dedicato all'ultimo episodio dell'ottava edizione della serie più longeva del mondo, quella fantascientifica del "Doctor Who", è appena apparso oggi,  19 ottobre, sul sito interamente dedicato al popolarissimo reboot contemporaneo del grande classico dell’emittente britannica BBC.



"Doctor Who", la serie infatti iscritta nel Guinness dei primati come la "serie fantascientifica più longeva della storia della tv”, si riallaccia all’arco narrativo della precedente, omonima produzione, trasmessa nel Regno Unito, per ben ventisei stagioni, dal 1963 al 1989.
Al centro della vicenda c’è l’enigmatico “Dottore”, un extraterrestre dall’aspetto umano, originario del remoto pianeta Gallifrey e la sua cabina telefonica. 
Appartenente alla nobile schiera dei “Signori del Tempo”, il Dottore viaggia da un’epoca all’altra a bordo del TARDIS (suggestivo acronimo di “Time And Relative Dimension In Space”, ovvero “tempo e relativa dimensione nello spazio”), un’astronave appunto mimetizzata in forma di cabina telefonica.
Tipicamente britannica nel classico spirito avventuroso e nella colorita estetica pop, la serie Doctor Who, girata la boa del mezzo secolo (andata in onda infatti per la prima volta il 23 settembre del 1963),  è stata ringiovanita da nuovi protagonisti e dai sistemi produttivi dell’era digitale.



Peter Capaldi - Doctor Who

Dopo 12 protagonisti, ancora si presenta semplicemente come "dottore" e spesso gli altri rispondono con la domanda "il dottore chi?", che appunto in inglese è "doctor who?". Anche se ha un nome vero, si tratta di un segreto che non dovrà mai essere rivelato, a meno di voler porre fine a tutta l'Esistenza! 
I 12 protagonisti sono sempre diversi, perché in punto di morte i Signori del tempo si rigenerano, trasformandosi in un individuo dall'aspetto e dalla personalità diversi.
Beh questa loro capacità si scoprì nel 1966, quando la produzione dovette inventarsi qualcosa per gestire l'abbandono dell'attore protagonista William Hartnell. 
Un'idea rivelatasi poi geniale e chiunque sia l'attore (Peter Capaldi è l'ultimo che ha appena vestito i panni del Gallifreiano) il Dottore passa il proprio tempo viaggiando nello spazio e nel tempo. 
Questo garantisce alla serie una grande varietà, così né lo spettatore né gli scrittori (tra cui anche Douglas Adams) si annoiano mai.
E chissà forse nella prossima nona edizione potrebbe essere una donna a interpretare il Dottore!

Ma cosa c'entra la serie del Doctor Who con la matematica e con il numero 19? C'entra, c'entra!!!!!





In una delle ultime serie, non ricordo né quale né l'episodio, il nostro Dottore usa una sequenza di "numeri primi felici" (313, 331, 367, 379) come codice per sbloccare una porta sigillata su una nave spaziale in procinto di entrare in collisione con una stella. Emblematica la frase del Dottore quando scopre che nessuno sulla nave spaziale oltre a lui ha sentito parlare di numeri felici: "Non insegnano più matematica ricreativa?"
E oggi, 19 ottobre, dovrebbe essere decisamente un giorno felice!!!!
Oltre a essere domenica, giornata per molti di riposo e relax, e, meteoricamente parlando, una bella giornata di sole....ha tutte le caratteristiche per poter essere "felice", visto che il 19 è un "numero felice"!!!!
Cercherò di spiegare questa curiosità matematica, appunto adottata dal Doctor Who, ricordando che è detto "felice" o "non felice" (da non confondere con il numero di Harshad ¹ derivato dal sanscrito harsa "grande gioia") un numero così definito: 
Dato un numero n, si definisce una sequenza data dalla somma dei quadrati delle cifre di n; allora  n è felice se e solo se questa sequenza porta a 1. 
Ovvero tramite il seguente processo: 
Partendo da un qualsiasi numero intero positivo, si sostituisce al numero la somma dei quadrati delle sue cifre (o il quadrato della cifra se unica) e si ripete quindi il processo fino ad ottenere 1 (con ulteriori iterazioni che porteranno sempre a 1), oppure si entrerà in loop, ovvero in un ciclo che non porterà mai a 1. 
I numeri per cui tale processo darà 1 sono quindi "numeri felici", mentre quelli che non danno mai 1 sono "numeri infelici". 
Quindi il nostro 19 non può che essere un numero felicissimo, visto che è anche primo²!!!!!




Vediamone alcune caratteristiche.

  • I numeri felici sono infiniti. E come potrebbe essere altrimenti visto che è infatti evidente che, ad esempio, tutte le potenze di 10 siano numeri felici?
  • Sebbene non esista ancora dimostrazione di ciò, una ricerca su calcolatore fino a 1020 ha fatto ipotizzare che circa il 12% dei numeri sia felice,
  •  I 143 numeri felici fino a 1000 sono:
    1, 7, 10, 13, 19, 23, 28, 31, 32, 44, 49, 68, 70, 79, 82, 86, 91, 94, 97, 100, 103, 109, 129, 130, 133, 139, 167, 176, 188, 190, 192, 193, 203, 208, 219, 226, 230, 236, 239, 262, 263, 280, 291, 293, 301, 302, 310, 313, 319, 320, 326, 329, 331, 338, 356, 362, 365, 367, 368, 376, 379, 383, 386, 391, 392, 397, 404, 409, 440, 446, 464, 469, 478, 487, 490, 496, 536, 556, 563, 565, 566, 608, 617, 622, 623, 632, 635, 637, 638, 644, 649, 653, 655, 656, 665, 671, 673, 680, 683, 694, 700, 709, 716, 736, 739, 748, 761, 763, 784, 790, 793, 802, 806, 818, 820, 833, 836, 847, 860, 863, 874, 881, 888, 899, 901, 904, 907, 910, 912, 913, 921, 923, 931, 932, 937, 940, 946, 964, 970, 973, 989, 998, 1000 (sequenza A007770 in OEIS e quelli in rosso  sono quelli del codice del "Doctor Who")
  • Se un numero è felice, allora tutti i numeri della sua sequenza sono felici; se un numero è infelice, tutti i numeri della sua sequenza sono infelici.
  • Un po' più felici dei numeri felici isolati, saranno due numeri felici vicini, o meglio consecutivi. Ad esempio 31 e 32
  • I primi tre numeri felici consecutivi sono:
    1880, 1881 e 1882
  • I primi cinque numeri felici consecutivi sono:
    44488, 44489, 44490, 44491 e 44492
  • Un primo felice è un numero felice che è anche primo ². I primi felici più piccoli sono: 7, 13, 19, 23, 31, 79, 97, 103, 109, 139, 167, 193, 239, 263, 293, 313, 331, 367, 379, 383, 397, 409, 487
  • Si noti che tutti i numeri primi nella formaImage may be NSFW.
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     sono felici 
  • Il primo palindromo 10 150006 + 7426247 × 10 75 000 + 1 (dovete crederci al buio dato che non ho la possibilità di scriverlo per esteso!!!!) è anche un primo felice con 150.007 cifre, perché i numerosi zeri di cui è composto non contribuiscono alla somma delle cifre al quadrato Image may be NSFW.
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     che è un numero felice. Fu scoperto da Paul Jobling nel 2005
  • A partire dal 2010, il più grande conosciuto primo felice è  Image may be NSFW.
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     (primo di Mersenne). La sua espansione decimale ha 12.837.064 cifre






Vorrei concludere questo post, partito dal Doctor Who e passato attraverso le proprietà dei numeri felici, con una visione più poetica ma che credo contenga  forse il vero senso della felicità come unità.

il cielo, raggiunta l’unità divenne chiaro
la terra, raggiunta l’unità divenne tranquilla
lo spirito, raggiunta l’unità divenne potente
la valle, raggiunta l’unità divenne piena
le creature, raggiunta l’unità divennero vive

(Lao Tse)



Sono i versi di Lao Tse (Laozi o Lao Tsu soprannome, che vuol dire "vecchio maestro", forse di Chung-erh o Po-yang o anche Lao tan che pare visse nel VI secolo a.C. di qualche anno più vecchio di Confucio) che arrivano dal Tao Te King, la sacra scrittura del Taoismo. 

Per Lao Tse il problema della felicità ha infatti “una soluzione che dipende soprattutto dal raggiungimento dell'unità". Quindi raggiungere la felicità  vuol dire raggiungere l’unità. 
Così come i numeri possono essere felici se anche loro raggiungono l’uno!!!!



¹ Un numero di Harshad in una data base è un numero intero positivo divisibile per la somma delle proprie cifre.
La definizione dei numeri di Harshad è stata data dal matematico indiano Dattatreya Ramachandra Kaprekar . Il termine Harshad deriva dal sanscrito "harṣa" che significa "grande gioia". A volte ci si riferisce a questi numeri anche come numeri di Niven, in onore del matematico Ivan Morton Niven.

² Per numero primo s'intende un numero divisibile solo per 1 e per se stesso.
I dodici nuovi numeri primi più grandi sono stati scoperti attraverso il GIMPS, un progetto di calcolo distribuito basato sul test di Lucas-Lehmer. Ad oggi (agosto 2014) il più grande numero primo confermato, scoperto nel febbraio del 2013, è 257 885 161 − 1, un numero di quasi diciassette milioni e mezzo di cifre (17 425 170).[84] I numeri primi noti più grandi sono numeri primi di Mersenne o altri numeri primi particolari, per i quali si dispone di un test molto efficiente in termini computazionali.
La Electronic Frontier Foundation ha offerto dei premi in denaro ai primi che riusciranno a trovare numeri primi di oltre un certo numero di cifre. I primi due di questi premi, di 50 000 e 100 000 dollari, sono stati assegnati nel 2000 e nel 2008 per il raggiungimento, rispettivamente, di un milione e di dieci milioni di cifre; il più alto premio attualmente in palio è di 250 000 dollari, per l'arrivo al miliardo di cifre


La matematica e la libertà di negare

"La matematica è l'espressione di una libertà umana che si manifesta nella creazione di mondi..." Queste parole di Imre Toth riportano alla mente un'altra significativa frase di Georg Cantor che affermò che "L'essenza della matematica risiede nella sua libertà" (frase che a sua vola trasformava una celebre frase di Hegel “l'essenza dello spirito è la libertà”).





Irme Toth (1921 - 2010), filosofo e storico della matematica, e Georg Cantor (1845-1918), illustre matematico noto per la teoria degli insiemi e per il concetto d'infinito assoluto che identificò con Dio, credo si possano citare e accumunare come esempi di ricerca volta a dimostrare lo stretto legame tra la creazione matematica e la libertà della speculazione filosofica.
In particolare per Irme Toth la libertà è l’essenza della matematica, definita come un "un événement de l’esprit, immerso nel quadro etico-politico della presa di coscienza della libertà". 
"La matematica appartiene a questo spirito e lo sviluppo della matematica non è che un movimento proprio dello spirito". 
"La matematica è l’espressione di una libertà umana che si manifesta nella creazione di mondi, che è una prerogativa divina, e questa creazione è veicolata da un atto di cui solo l’essere umano è capace: la negazione"
Toth afferma che la matematica attinge alla dimensione della libertà umana per creare mondi diversi ed opposti (quali, per esempio, il mondo euclideo e quello non-euclideo), negando un codice già affermato, per strutturarne liberamente un altro.
La speculazione di Toth si basa quindi sulla concezione di un sapere matematico problematizzato ed esteso a dimensione dello Spirito, caratterizzato, nella sua essenza, dalla libera creatività che si concretizza nell'atto della negazione.




Ma vediamo di conoscere meglio questo moderno pensatore.
Ci aiuta in questo la sua autobiografia "Matematica ed emozioni", che partendo dagli avvenimenti e dalle vicissitudini che hanno caratterizzato la sua giovinezza (studi, circostanze di vita drammatica, fughe, condanne, prigionie, evasioni.....), arriva a introdurre la sua visione della matematica, definendola come espressione non solo di un'indagine razionale ma soprattutto filosofica, nonché come presa di coscienza e riflessione etica.
Studiò in un liceo cattolico, dove non trovò risposta ai suoi dubbi sui problemi matematici a causa di insegnanti impreparati o poco disponibili al dialogo. Aveva infatti avuto l’impertinenza di chiedere ragione ai suoi insegnanti del perché moltiplicando due numeri, chiamati "negativi", si ottenesse un numero positivo, come se un debito per un debito desse un credito o una temperatura bassa moltiplicata con un'altra bassa ne desse una alta. Gli insegnanti non davano risposte e Toth preferì interessarsi a speculazioni di tipo filosofico. Per questo in seguito con l'aiuto del padre, Abraham Roth, (Imre falsificò poi i propri documenti in Toth per sfuggire alle persecuzioni contro gli ebrei) fu mandato al seminario teologico rabbinico di Francoforte, per poter avere accesso alla ricca biblioteca filosofica dell'istituto. Ritornato all'Università di Cluj, grazie ad un corpo docente preparato si appassionò allo studio della matematica. 
Cercò le risposte nei libri dei matematici, prima di quelli moderni (CardanoCavalieri, Leibniz), poi sistematicamente nei pensatori greci, muovendo da una convinzione che si fece metodo storiografico: la necessità di partire dal sapere del proprio tempo per studiare quello del passato. 
Anzi, secondo Imre Toth, alla luce delle acquisizioni della matematica sul calcolo infinitesimale ed in particolare a quelle relative alle geometrie non euclidee, si possono, scoprire nella matematica greca, profondità dimenticate e rimosse proprio a causa di una visione puramente razionalistica della matematica.
Imre Toth ha saputo ricostruire questa storia, identificando ed analizzando i passi non-euclidei presenti già in Platone (427 - 347 a.c.) e in Aristotele (384 - 322 a.c.), nonché in altri matematici del Settecento e dell’Ottocento, che hanno proposto testi molto vicini alla geometria non-euclidea di Lobatschewskij e Bolyai, nonché sottolineando come le geometrie non euclidee si siano affermate diversi decenni dopo la loro scoperta e per di più in Italia, in pieno Risorgimento.

Platone e Aristotele di Luca Della Robbia, formella del campanile di Giotto
Museo dell'Opera del Duomo, Firenze

Aristotele nel "De Caelo" (Περὶ οὐρανοῦ), ammette come ipotesi che sia impossibile che un triangolo abbia i 3 angoli pari a 2 angoli retti, che è come dire che sono possibili triangoli non euclidei.
Inoltre nell’"Etica Eudemia" (Ηθικά Ευδήμεια) Aristotele indica la decisione sulla scelta tra assiomi euclidei (il triangolo euclideo) e non euclidei (il triangolo non-euclideo) come esempio di un libero atto di scelta tra due poli, laddove il ragionamento logico non può dare indicazioni orientative: l’Ethos è sopra il Logos, la libertà del soggetto, secondo Toth è il fondamento dell’essere matematico e così sarà anche per Cartesio che sosterrà che il teorema euclideo, il quale afferma che la somma degli angoli interni di un triangolo equivale a due angoli retti, è così solo perchè la libertà di Dio l’ha voluto così, non perchè sia più vero dell’ipotesi contraria (Mèditations mètaphysiques). 
Ed ancora Aristotele dice che "proveremmo lo stesso piacere se la somma degli angoli interni di un triangolo fosse uguale a due angoli retti, ma anche se non lo fosse". La scelta infatti non dipende da motivazioni logiche ma dall’ esercizio della libertà del soggetto.

La coscienza dispone della libertà di negare tutto un mondo, quello stabilito da Euclide, e di creare – grazie al solo mezzo della negazione – un nuovo mondo. (…) Ma a questo punto le due creazioni, le due geometrie dispongono di uguali diritti di esistenza e di verità. Invece di essere distruttiva, la negazione si rivela creativa! Di conseguenza la verità non è un limite alla libertà, bensì è la libertà ad essere fonte della verità” 

Ma vediamo di "far luce" sulle conseguenze di questa libertà di negazione, libertà di negare il V postulato di Euclide, che ha portato alle geometrie non Euclidee.


Fig. 1: Triangolo Ellittico Iperbolico Euclideo

Il V postulato di Euclide, più noto come il Postulato (o l’assioma) delle parallele, ha rappresentato il punto cruciale per lo sviluppo della Geometria e della stessa Matematica.
Esso possiede varie formulazioni equivalenti, la più nota delle quali recita:

1)   Data una retta r ed un punto P che non le appartenga, esiste un’unica retta s  passante per P e ad essa parallela.
(in questo caso, poiché rs, si ha: r s rs =).

Questa formulazione è nota dal 1818 ad opera di Gergonne, ma molto probabilmente risale a tempi precedenti, ed apparirà nella sistemazione della geometria Euclidea dovuta a David Hilbert.

La formulazione originaria di Euclide fu la seguente:
2) Se due linee sono tagliate da una trasversale in modo tale che la somma degli angoli interni da una parte della trasversale è minore di 180°, allora le due linee s’intersecano dalla stessa parte della trasversale.
Un’altra interessante formulazione dello stesso postulato è:
3) La somma degli angoli interni di un triangolo è 180°.

Il problema fondamentale su questo postulato (o assioma) fu, quasi dall'inizio, il tentativo di capirne la necessità e la dipendenza o meno dagli altri assiomi. 
Sembra, infatti, abbastanza curioso e sintomatico che lo stesso Euclide lo abbia adoperato il meno possibile.
Per diverse ragioni quest’assioma non sembrò autoevidente, come gli altri, probabilmente perché i Greci avevano familiarità con linee, dette asintotiche, che pur non incontrandosi in alcuna regione limitata del piano, tendevano ad incontrarsi all’infinito. Non era dunque evidente che per un punto esterno ad una retta si potesse tracciare soltanto una parallela.
Occorsero molto tempo e l’ingegno di molti Matematici per dirimere la questione,  provando l’indipendenza con la costruzione di modelli di due nuove geometrie, dette Geometrie Non Euclidee, che, dal punto di vista della logica matematica, sono equivalenti alla Geometria Euclidea nel senso che ciascuna di esse è consistente se e solo se lo è la geometria Euclidea. (In realtà per geometria non Euclidea si deve intendere una qualsiasi geometria differente da quella di Euclide.)

Volendo schematizzare il problema, si può procedere secondo due direttive:

1) Cancellare il V postulato e studiare tutto quello che si può dedurre dai rimanenti postulati. Si ottiene una geometria nota come Geometria assoluta o neutrale.
2) Cercare di dimostrare la dipendenza del V postulato assumendo come ipotesi la sua negazione. Se si giunge ad una contraddizione questo significherà che il V postulato è in realtà deducibile dagli altri. Poichè il postulato in questione contiene due affermazioni, una di esistenza e l’altra di unicità, è possibile procedere in due modi negando solo l’unicità oppure negando l’esistenza.

Tutti i tentativi non portarono ad alcuna contraddizione; nacquero così due nuove geometrie,  dette appunto non Euclidee: 
1) la geometria iperbolica (Bolyai, Gauss, Lobachevsky) 
2) la geometria ellittica (Gauss, Riemann)
e l’indipendenza del V postulato fu definitivamente stabilita quando si costruirono modelli di tali geometrie (Beltrami, 1868).

1) Il caso iperbolico: data una retta ed un punto P non appartenente ad essa esistono diverse rette per P ad essa parallele.
Equivalentemente: la somma degli angoli interni di un triangolo è minore di 180°.
È necessaria una precisazione. La negazione del V postulato deve essere formulata 
nel seguente modo: esiste una retta r ed esiste un punto P fuori di essa tale che 
almeno due diverse parallele a r passano per P.
Oppure: esiste un triangolo tale che la somma dei suoi angoli interni è minore di 180°.
Tuttavia, partendo da queste ipotesi è possibile dimostrare che la proprietà ipotizzata vale per tutte le scelte di una retta e di un punto fuori di essa, e per tutti i triangoli.  

2) Il caso ellittico: data una retta ed un punto P non appartenente ad essa, non esiste alcuna retta per P ad essa parallela. 
Equivalentemente: la somma degli angoli interni di un triangolo è maggiore di 180°.

Lo stesso Euclide, mentre riteneva evidenti i primi quattro postulati della sua 
geometria, non considerava altrettanto evidente il quinto detto “delle rette 
parallele”, infatti questo postulato non rimanda ad alcuna costruzione 
geometrica che possa limitarsi sempre ad una porzione finita di piano. Vani 
sono stati i tentativi, fatti sino ad oggi dai matematici, di dimostrare, riformulare o sostituire il quinto postulato. 
Alcuni studiosi come Gauss, Bolyai, Lobabacevskij, Riemann nei primi del XIX secolo, hanno costruito delle geometrie che, negando il quinto postulato, hanno dato vita alle geometrie dette appunto non euclidee.




Fig. 2: Due rette aventi una perpendicolare in comune nelle tre geometrie 
Nella geometria iperbolica le rette divergono, ed è quindi possibile trovare molte rette parallele 
(cioè che non si intersecano). 
Nella geometria ellittica le rette convergono e quindi non esistono rette parallele.

Come disse Toth “L’emergere delle geometrie non-euclidee è stato il momento decisivo nel quale il soggetto delle matematiche ha preso coscienza della sua immanente libertà, della sua libertà di assegnare la verità, nello stesso tempo, a due proposizioni assiomatiche contraddittorie. L’assioma logico della contraddizione conserva invariabilmente la sua rigorosa validità all’interno di ciascuno dei due opposti universi”. (…) “Grazie alla Geometria non euclidea, il soggetto della Matematica è divenuto consapevole della sua stessa libertà, allo stesso modo ha preso coscienza che ciò che costituisce la sua essenza: è la libertà di scegliere ciò che è necessario e che, all’interno della scienza Matematica, accettare la pluralità dei mondi e delle verità costituisce una necessità”.
Toth affermò che, in Matematica, la vera grande rivoluzione era stata la scoperta  delle geometrie non euclidee, ignorata per decenni dai matematici e diventata di dominio pubblico solo all’inizio del secolo scorso. Alla base di questa riottosità si trova una notevole contraddizione: una creazione che deriva da una negazione (e questo era inconcepibile nel mondo ancora rigoroso e fondato sul "principio di non contraddittorietà" come quello matematico). Ma Toth si spinge oltre affermando che accettare le geometrie non euclidee significa accettare una concezione diversa dello spazio. Il mondo non è più unico. Esiste una pluralità di mondi generata dalla libertà delle idee e qui il momento decisivo: “si afferma una libertà di scelta tra cose ugualmente possibili”.
Scegliere è difficile perché la libertà di scelta è prerogativa di un uomo totalmente libero!





Per molto tempo però i matematici furono angustiati da due domande: 
qual è la geometria dello spazio in cui viviamo?
qual è la geometria vera?

Alla seconda domanda fornì una famosa risposta Henri Poincaré 
"Se la geometria fosse una scienza sperimentale, non sarebbe una scienza esatta, ma sarebbe soggetta a continue revisioni.Gli assiomi geometrici non sono né intuizioni sintetiche a priori, né fatti sperimentali. Essi sono convenzioni.
La nostra scelta tra le possibili convenzioni è guidata dai fatti sperimentali; ma rimane libera, ed è solo limitata dalla necessità di evitare ogni contraddizione.
Che cosa pensiamo della domanda: la geometria euclidea è vera?
Non ha senso. Potremmo egualmente chiederci se il sistema metrico è vero e se i vecchi pesi e misure sono falsi; se le coordinate cartesiane sono vere e le coordinate polari sono false.Una geometria non può essere più vera di un’altra, può solo essere più conveniente".
E la geometria Euclidea può essere pensata come la più conveniente?
Se lo è per l’ordinaria ingegneria, non lo è per la teoria della relatività.
Inoltre, Luneburg  ha sostenuto che il nostro modo di percepire lo spazio, cioè la trasmissione visiva dello spazio al nostro cervello attraverso i nostri occhi, è più convenientemente descritto dalla geometria iperbolica.

Esperimento e misurazioni di Gauss del 1820

Quale risposta dare alla prima domanda? Qual è la geometria dello spazio in cui viviamo?
Poiché il postulato delle parallele e le sue due varianti, iperbolica ed ellittica, sono esprimibili in termini di somma degli angoli interni di un triangolo, si potrebbe pensare di misurare sperimentalmente tale somma.  
Gauss, che dubitava del carattere euclideo dello spazio, ideò un famoso esperimento usando tre vette di montagne (visibili nonostante la curvatura della terra) come vertici del triangolo (il più grande di questi triangoli aveva come vertici le cime dei monti Hohenhagen, Brocken e Inselberg, e il lato maggiore misurava 107 km.), ma il risultato fu inconcludente forse proprio perché gli strumenti e le rilevazioni si basavano su concetti euclidei (progettò egli stesso un raffinato strumento ottico in grado di riflettere un raggio luminoso in una sola direzione).
Quindi la discussione può e deve essere più sottile:
- gli strumenti non sono forse pensati e costruiti sulla base di assunzioni euclidee?
- i raggi luminosi non potrebbero viaggiare su linee curve?
- lo spazio di dimensioni cosmiche non potrebbe essere governato da geometrie diverse da queste?
Quest’ultima è in realtà la convinzione scientifica attuale.
Secondo Einstein spazio e tempo sono inseparabili e lo spazio-tempo è affetto dalla materia di modo che i raggi di luce possono essere incurvati per effetto dell’attrazione gravitazionale delle masse.
Il problema è dunque più complicato di quanto Euclide e Lobachevsky immaginassero e nessuna delle loro geometrie è adeguata per la nostra presente concezione dello spazio.
Naturalmente, ciò non diminuisce l’importanza storica delle geometrie non-euclidee.
Einstein disse:"A quest’interpretazione della geometria io attribuisco grande importanza, perchè se non avessi avuto familiarità con essa, mai sarei stato in grado di sviluppare la teoria della relatività."
Einstein sviluppò una geometria appropriata per la relatività generale  partendo dalle idee di Riemann e dalla geometria che da lui prese il nome di Geometria Riemanniana.

Gli effetti sulla matematica della scoperta di geometrie non euclidee furono di notevole portata: entrò in crisi il concetto di assioma, si sviluppò lo studio dei problemi fondazionali, si giunse, sia pure a distanza di tempo, al processo di formalizzazione (dai sistemi formali ai teoremi di Gödel), nacquero nuove discipline tra cui la geometria frattale che, partendo dalle intuizioni di Gaston Julia (1893-1978), e studiata in modo teorico ed astratto, dai matematici George Cantor (1895-1919), Giuseppe Peano (1858-1932), David Hilbert (1862-1943) e Helge von Kock (1870-1924), fu finalmente visualizzata, come oggetti frattali, da Benoit Mandelbrot (1924 - 2010) mediante il calcolatore, diventando un mezzo di interpretazione della realtà e della natura. 

Video - L’insieme frattale di Mandelbrot

La Matematica quindi ha dimostrato di poter disporre della libertà di negare tutto un mondo, come quello stabilito da Euclide, e di poter creare, grazie al solo mezzo della negazione, nuovi mondi, dando a tutti uguali diritti di esistenza e di verità
La negazione, invece di essere distruttiva, si rivela creativa e di conseguenza la libertà di negare riesce a essere fonte di nuove verità. 
Proprio come sosteneva Imre Toth "La matematica è l’espressione di una libertà umana che si manifesta nella creazione di mondi, che è una prerogativa divina, e questa creazione è veicolata da un atto di cui solo l’essere umano è capace: la negazione"


Fonti:
From the book:  
Geometrie non Euclidee di Silvia Benvenuti
Matematica ed Emozioni di Imre Toth
No! Libertà e verità, creazione e negazione di Imre Toth
From website: 
http://it.wikipedia.org
http://www.filosofico.net/filos1.html


La matematica può neutralizzare la disinformazione?

Nella mia prima esperienza come insegnante a Saronno, nei lontani anni 70/80, dovetti fare i conti con l'ora di "Osservazioni Scientifiche" e, nonostante l'indirizzo didattico scelto alla facoltà di Matematica, poco mi appassionava l'insegnamento delle Scienze Biologiche. 
Decisi quindi di riservare quell'ora anche per far osservare scientificamente ai miei alunni alcuni aspetti della vita reale.
Tra le varie ricerche fatte (tra cui un dossier sull'energia nucleare e le sue alternative che, rileggendo ancora oggi, trovo attualissimo), una riguardava il potere dell'informazione.
Informazione che, con le varie distorsioni e le inevitabili interpretazioni personali e politiche della "verità", veniva veicolata dai giornalisti attraverso i quotidiani. 
Negli anni settanta, in Italia, la stampa (quotidiana e periodica) raggiungeva infatti più persone della radio, 24 milioni circa contro i 17, mentre la televisione era ferma a meno di 11 milioni.


Il "dossier" sul nucleare tra i giornali

Nella nostra ricerca prendevamo quindi in esame una notizia e cercavamo di analizzarla "scientificamente" nel tentativo di arrivare alla sua oggettività, scevra dalle interpretazioni ed opinioni personali dei giornalisti di diverso orientamento politico. 
Analizzavamo la stessa notizia, consultando le varie testate giornalistiche che la riportavano (quelle di allora più diffuse erano: il Corriere della Sera, la Stampa, l'Unità, il Secolo XIX, l'Avvenire, la Notte....) ed osservavamo così come venisse presentata a volte in modo contrastante e contradditorio, a volte in modo superficiale e spesso con gravi errori ed omissioni.
Il mio intento era quindi quello di far capire ai ragazzi che solo attraverso un'attenta valutazione delle parole, dei concetti e del grado di attendibilità e di conoscenza, avrebbero potuto evitare di accettare passivamente le notizie e, per quanto possibile, di esserne condizionati.
Senza addentrarmi oltre nei dettagli di questo esperimento scolastico, la mia soddisfazione di allora fu che i miei alunni dai 10 ai 14 anni, alla fine dell'anno, non solo non prendevano più come "oro colato" quello che leggevano, ma arrivavano al punto di capire, dopo poche frasi di un articolo letto da me senza dirne la provenienza, il quotidiano che l'aveva pubblicato.
Tanti anni sono passati da allora e il problema del condizionamento non è certo stato risolto né credo sia stato sufficientemente affrontato, tanto che, soprattutto ultimamente, il potere dei giornalisti, oggi soprattutto in campo televisivo, si è consolidato a dismisura condizionando in modo significativo l'opinione pubblica.

Recentemente trasmissioni come "Le Iene" o come "Report" hanno fatto chiudere esercizi commerciali o hanno fatto mettere sotto inchiesta enti pubblici con servizi di pochi minuti e con interviste mirate. 
Ben definisce la "casta" dei giornalisti un interessante articolo di Alessandro Aquilano: 
"Sono gli unici che possono parlare di tutto pur dichiarandosi sfacciatamente non esperti, che possono attaccare impunemente chiunque, fottendosene di regole che loro stessi si vantavano di maneggiare alla perfezione, tipo il diritto di replica o gli elementi basilari del contraddittorio. Non devono rendere conto a nessuno se non all'audience e alla risonanza mediatica delle loro dichiarazioni. 
Possono scegliere, tagliare, montare interviste e inserire immagini in modo arbitrario, lanciando messaggi ben precisi senza alcun tipo di verifica o controllo se non quello che si fanno da soli. E se si sbagliano, beh, al massimo una piccola e discreta rettifica in fondo al programma successivo e tutto è sistemato". 
E si chiede"A quando una puntata di Report autoreferenziale, incentrata sul potere che i giornalisti stessi si sono ritrovati per le mani e su come questo viene usato?"




A volte basterebbe usare semplicemente la logica per difendersi dai fabbricatori di divi artificiali (politici, sportivi, cinematografici ecc) o saper maneggiare probabilità e casualità per ridimensionare gli articoli catastrofici sugli allarmi sociali (criminalità, epidemie ecc). 
Nozioni di aritmetica elementare potrebbero aiutarci a contrastare i pregiudizi dei consumatori o i trucchi elettorali.  
Così come l'affascinante teoria del caos potrebbe aiutarci a demolire la pessima e pericolosa abitudine di tranciare giudizi e fare previsioni analizzando erroneamente o superficialmente dati economici. 
Insomma basterebbe porsi le domande giuste per scoprire che ben poche delle notizie stampate o divulgate ogni giorno hanno una qualsivoglia attinenza con la realtà. 
Anche se vengono arricchite con colorati diagrammi, "pseudo/rigorose" statistiche, grafici intriganti e classifiche che fanno sembrare tutto vero, sono troppo spesso false. 
Solo attraverso un'analisi più disincantata e un'accettazione meno superficiale delle notizie diffuse si può contrastare questo "potere" giornalistico, che abusando anche dell'oggettività dei numeri, porta a una disinformazione selvaggia.




In quest'analisi ci aiuta John Allen Paulos che, nel suo divertente libro "Un matematico legge i giornali", veste i panni del giustiziere matematico per porre fine a questo abuso dell’apparente oggettività dei numeri, che porta alla conseguente disinformazione nonché ad un condizionamento pilotato.

"Calcoli creativi, percentuali perverse, statistiche strabiche: i numeri non mentono, ma si può mentire coi numeri e i giornali lo fanno tutti i giorni. 
Come neutralizzare la disinformazione quotidiana?" 
“Un libro divertente, saggio e frizzante che tanto i consumatori quanto i produttori di notizie farebbero bene a leggere.” 
(Washington Post)

"Un matematico legge i giornali"è un saggio scritto dal matematico e divulgatore scientifico John Allen Paulos, uscito nella prima edizione statunitense nel 1995 con il titolo "A Mathematician Reads the Newspaper", che solo nel 2009 è stato pubblicato in Italia dalla casa editrice Rizzoli. 
In brevi, facili e divertenti capitoli l'autore, immaginando di sfogliare un quotidiano nelle sue varie sezioni (dalla politica all'economia, dalle notizie locali a quelle sportive, fino alla scienza, le ricette e i necrologi), insegna a smascherare, tramite appunto l'aiuto della matematica, i trucchi che stanno alla base della disinformazione odierna veicolata dallo strapotere giornalistico.

Il video che segue costituisce una breve testimonianza di alcuni commenti, nell'incredibile servizio mandato in onda  sul tg4 (qui la visione integrale), del giornalista che si burla della missione Rosetta. 
Anche cose mirabili e di grande importanza storica, mai tentate prima dall’uomo, si possono ridurre a una "burla" televisiva da un giornalista decisamente superficiale e sicuramente non dotato di adeguata preparazione scientifica e di obbiettività.....e questo non può e non deve essere una scusante.
Avrà contribuito o no alla disinformazione? Avrà condizionato o no l'opinione pubblica?


Video esempio di "disinformazione" sulla missione Rosetta 
pubblicato 16 nov 2014 

Concludendo non dovremmo mai leggere o ascoltare acriticamente, mai fidarci senza possibilità di verifica, mai accettare per pigrizia o superficialità. 
E per far questo, anche divertendoci, ci saranno sicuramente utili i consigli del nostro amico John Allen Paulos, che "da matematico" legge i giornali.
E' sempre più un mondo di false notizie, di "bufale" (come spesso vengono definite nel web), di condizionamenti ecc.......ma i lettori e gli ascoltatori possono e devono accorgersene!!!!!


Carnevale della Matematica #79

Puntuale come sempre venerdì 14 novembre è uscito il Carnevale della Matematica n°79  (senza posa e in libertà), con tema "matematica e libertà", e ad ospitarlo è Spartaco Mencaroni sul suo blog "Il Coniglio Mannaro"



Ed ecco come i miei contributi sono stati introdotti da Spartaco e dal suo Coniglio:

Torniamo in musica.  Annalisa Santi è l'autrice di "Matetango", un blog dove si esplorano altre commistioni fra la nobile scienza e le forme d'arte basate sulla danza.
Per il 79° Carnevale Annalisa ci regala un post a tema:
La Matematica e la libertà di negare
Ce ne parla lei stessa: 
"La matematica è l’espressione di una libertà umana che si manifesta nella creazione di mondi, che è una prerogativa divina, e questa creazione è veicolata da un atto di cui solo l’essere umano è capace: la negazione" (Imre Toth)
Per conoscere meglio questo pensatore moderno, Imre Toth, che basa la sua speculazione sulla concezione di un sapere matematico problematizzato ed esteso a dimensione dello Spirito, caratterizzato, nella sua essenza, dalla libera creatività che si concretizza nell'atto della negazione.....



L'immagine associata a questo post era troppo intrigante, così io e il Coniglio ci siamo presi una libertà, per l'appunto. Poi, com'è giusto, la nostra matetanghera offre qualcosa non "a tema" ma "liberamente" basato sui numeri felici!
Il Doctor Who e i numer felici

Il carnevale si conclude segnalando che il prossimo appuntamento con il merlo, il Carnevale n°80, sarà, il 14 dicembre, dalle parti di "Pitagora e dintorni", cioè ospitato da Flavio Ubaldini (alias Dioniso Dionisi) che ci ricorda che questo Carnevale avrà anche una sua melodia.





Calendario con le date delle prossime edizioni del Carnevale

Pagina del Carnevale su Facebook




Il prezioso gioiello irrazionale

Commo Idio propriamente non se po diffinire ne per parolle a noi intendere, così questa nostra proportione non se po mai per numero intendibile a segnare, nè per quantità alcuna rationale exprimere, ma sempre fia occulta e secreta e da li mathematici chiamata irrationale” (Luca Pacioli - 1445-1517)



"Matematica e Irrazionalità", tema del prossimo appuntamento con il Carnevale n°80, ospitato dalle parti di "Pitagora e dintorni", quale spunto avrebbe potuto mai suggerirmi?
Se uniamo anche il fatto che  lo stesso Flavio Ubaldini ricordava che questo Carnevale avrebbe avuto anche una sua melodia, sibillinamente commentando "sarà razionale o sarà irrazionale?"
Beh non avrebbe potuto che essere uno dei numeri irrazionali più affascinante, il "Φ".
L'irrazionalità e la melodia non potrebbero meglio compenetrarsi se non in questo "numero d'oro", in questo "numero magico", in questo "golden ratio" che è veramente unico nelle sue proprietà matematiche e che pervade soprattutto l'arte, l'architettura e il design, la musica, la finanza........tutta la natura stessa.
Ciò che rende Φ molto più di un interessante numero irrazionale è che appare davvero in tutta la natura.
Si trova nelle proporzioni  del viso e del corpo umano e di quello di molti altri animali , nella struttura delle piante, nel sistema solare.....nei rapporti musicali e nelle dimensioni degli strumenti, nei rapporti architettonici e pittorici......fino ad arrivare anche alle variazioni di prezzo e tempi dei mercati azionari o persino alla fede e ai luoghi sacri.
Il suo interesse non riguarda solo quindi i matematici, ma spazia dai naturalisti, ai medici, agli astronomi, ai pittori, agli architetti, ai musicisti.......fino agli investitori e ai mistici.

Cosa ci dice la Storia?

Cerchiamo di scoprire, prima delle sue proprietà matematiche, la sua origine e la sua storia iniziata 5000 anni fa.
Le prime applicazioni del rapporto aureo, risalgono agli antichi Egizi, anche se non ne è stata ritrovata una precisa definizione. 
Nella stele del re Get, proveniente da Abido (antica capitale dell’ Egitto nel periodo predinastico) conservata oggi al Louvre, si osserva al centro un rettangolo aureo, nella cui parte bassa il quadrato costruito sul lato più corto, sezione aurea di quello più lungo, contiene la città mentre nella parte rimanente, che è ancora un rettangolo aureo, è riportato il serpente simbolo del re.
Il reperto risalirebbe alla prima dinastia, quindi a quasi 5000 anni fa. Altri studi dimostrano che la sezione aurea fu anche applicata nella costruzione delle piramidi.



Ma furono i Greci, 3000 anni fa, a introdurre per primi il concetto di "sezione del segmento in media ed estrema ragione", terminologia originaria che fu in seguito abbreviata nel solo termine sezione, "sezione aurea"
Il concetto di "proporzione" nacque infatti nel contesto della dottrina pitagorica, introdotta in Grecia appunto da Pitagora di Samo, agli albori della filosofia occidentale, quando la visione mitologica si andava trasformando attraverso l’interpretazione razionale nella ricerca del principio unico e universale, l'origine del tutto.
Soprattutto dallo studio delle leggi numeriche che regolavano l’armonia musicale la scuola pitagorica scoprì alcuni principi morfologici di carattere generale, che divennero presto i principi compositivi di ogni tipo di arte, soprattutto quella che si occupava della costruzione degli edifici sacri.
Gli antichi architetti dovevano infatti realizzare, il cosiddetto “accordo delle misure”, vale a dire la ricerca di simmetrie mediante il ripetersi di certi rapporti proporzionali privilegiati e l’"Eurytmia", cioè l'armonia tra le lunghezze, le superfici e i volumi dell’edificio, sia nel complesso che nelle sue singole parti. Mediante quindi una tecnica compositiva di tracciati regolatori e di raffinate costruzioni geometriche e partendo dalla forma iniziale, un quadrato, erano così in grado di individuare, con semplici proiezioni e ribaltamenti, tutte le linee principali dell’edificio.
Gli architetti e gli artisti greci facevano appunto grande uso dei rettangoli aurei che erano usati per disegnare la pianta del pavimento e della facciata dei templi, come ad esempio il Partenone.
Il Partenone fu costruito tra il 447 e il 438 a.C. su progetto di Ictinio e Callicrate ed adornato dalle sculture di Fidia. Proprio dalla lettera iniziale del grande scultore, nel XX secolo, il matematico americano Mark Barr ha introdotto, Φ (phi) per indicare il rapporto aureo.

Fra Luca Pacioli e Piero della Francesca

Ma il vero trionfo della sezione aurea nell’ arte si ebbe nel Rinascimento quando rappresentò per tutti gli artisti di quel periodo un canone di bellezza cui ispirasi.
Tra questi artisti e matematici spiccano:

Anche se indagini effettuate con diagrammi e rigorose riproduzioni hanno messo in evidenza che questa "Divina Proporzione" sia stata la regola che dominava la connessione di tutte le parti di molte sue costruzioni, Leon Battista Alberti non parlò mai, nei suoi trattati, del tipo di proporzionamento utilizzato.
Il Tempio Malatestiano a Rimini è comunque un significativo esempio del "metodo segreto" con cui l'Alberti riusciva ad ottenere quell’armonioso equilibrio.


Per tutto il Rinascimento quindi il Φ rappresentò un canone di bellezza a cui ispirasi per ogni composizione artistica, dall’architettura, alla scultura, alla pittura di cui ne sono un esempio i dipinti di Piero della Francesca o di Leonardo da Vinci.


La Flagellazione di Piero della Francesca

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L'ultima cena di Leonardo da Vinci

Leonardo da Vinci ne fece il pilastro della sua imponente produzione e collaborò, con perfette tavole e bellissimi disegni, alla stesura dell'opera di Luca Pacioli di cui era amico dai tempi della loro collaborazione milanese al servizio di Ludovico Sforza.
Da una parte l’ interesse prevalente di Leonardo era l’ estetica e la sezione aurea soddisfaceva entrambi i punti di vista, matematico ed artistico, dall'altra nessun altro matematico ha più potuto vantare una collaborazione più eccellente.
Fu quindi proprio l’opera di Luca Pacioli, “La Divina Proportione”, stampata e diffusa in tutta Europa, a diffondere questa concezione incentrata proprio sulla proporzione come chiave universale per penetrare i segreti della bellezza ma anche della natura.
Nel trattato si trova un pò di tutto. Nel Rinascimento infatti non vigeva ancora la specializzazione moderna del sapere e un uomo colto trattava indifferentemente  astronomia, filosofia, prospettiva, pittura, musica, architettura e matematica, anche se poi inevitabilmente finiva con l’ eccellere solo in alcune. 
L’ opera di Pacioli,  Divina Proportione”,  fu pubblicata a Venezia nel 1509 in tre volumi e, con la precedente “Summa de arithmetica, geometria, proportioni et propotionalità”, un sommario della matematica di quel tempo, insieme ad una traduzione in latino degli Elementi di Euclide, contribuì alla rinascita della Scienza in Europa attraverso la riscoperta di Euclide ed Archimede con i loro metodi logico-deduttivi.
L’ ammirazione che il Pacioli aveva per questa costruzione era tale da indurlo a metterla in relazione con la Divinità, come la quale è una e trina: "Tra tutte le possibili proporzioni, quella aurea sembra essere la vera ispiratrice della bellezza, quindi del creato, quindi del Suo creatore, quindi Divina"

Fra Luca Pacioli consegna il manoscritto "Divina Proportione" a Ludovico Sforza
.

Nel Rinascimento riemerge la convinzione che l’architetto non sia in nessun modo libero di applicare all’edificio uno schema casuale di rapporti, ma che tali rapporti debbano invece conciliarsi con un sistema di ordine superiore, in cui le proporzioni riescano ad esprimere l’ordine cosmico.

Altre applicazioni del Golden Ratio in architettura possono essere viste in Notre Dame a Parigi, nel Duomo di Milano, nell' edificio sede delle Nazioni Unite a New York o nella CN Tower di Toronto e nel Modulor di Le Corbusier
"Le Modulor" è un sistema, basato sulle misure umane, la doppia unità, la sequenza di Fibonacci e la sezione aurea, e fu introdotto da Le Corbusier ("Le Modulor" nel 1948, seguito da "Le Modulor 2" nel 1955) che lo usò nella progettazione di molti edifici per migliorare sia l'estetica che la funzionalità dell'architettura. 
La "Divina Proporzione"è comunemente usata nella progettazione di prodotti e loghi di molte grandi aziende o nel design di alta moda, come nella "Phi Collection" prodotta dal 2004 da Vogue, Elle e Vanity Fair. 





Cosa ci dice la natura?

Ci sono molte altre affascinanti relazioni matematiche e stranezze sia di Φ che della serie di Fibonacci che andrebbero esplorate in modo più approfondito, ma per ora diamo una breve occhiata avventurandoci nella natura, dove appunto sia Φ che  la serie di Fibonacci si manifestano pervasivamente. 
I numeri di Fibonacci appaiono spesso nel numero dei petali in un fiore, nelle posizioni e nelle proporzioni delle dimensioni chiave di molti, se non la maggior parte, degli animali. Alcuni esempi sono le sezioni del corpo di formiche e altri insetti, le spirali di conchiglie di mare e la posizione delle pinne dorsali delle focene. Persino le spirali del DNA umano incarnano proporzioni Φ.



Cosa ci dice la percezione della bellezza?

Più interessante ancora è l'ampio aspetto di Φ in tutta la forma umana, il viso, il corpo, le dita, i denti...... e l'impatto che questo ha sulla nostra percezione di umana bellezza. Alcuni potrebbero sostenere che la bellezza è negli occhi di chi guarda, ma si potrebbe anche dimostrare che ciò che percepiamo come bellezza delle donne e degli uomini si basi su un rapporto di proporzioni tra viso e corpo strettamente legato Φ. Sembra infatti che Φ sia l'hard-wired nella nostra coscienza come guida alla bellezza. 
Per questo motivo, Φ viene applicato sia in chirurgia plastica facciale sia in odontoiatria estetica come guida per ottenere i risultati più naturali e armoniosi delle caratteristiche facciali e corporee.
Se moltiplichiamo per  Φ (1,618.....) la distanza che, in una persona adulta, va dai piedi all'ombelico, otteniamo la sua statura. Così la distanza dal gomito alla mano (con le dita tese) moltiplicata per Φ, da la lunghezza totale del braccio o come la distanza che va dal ginocchio all'anca, moltiplicata per Φ, dà la lunghezza della gamba, dall'anca al malleolo. Anche nella mano i rapporti tra le falangi delle dita medio e anulare sono aurei, così come il volto umano è tutto scomponibile in una griglia i cui rettangoli hanno i lati in rapporto aureo.




Sono stati condotti diversi studi per dimostrare se un rettangolo aureo sia il rettangolo più piacevole per l'occhio umano e i risultati degli studi generalmente indicano che le forme più vicine al rettangolo aureo siano effettivamente le più gradevoli.
Già nel 1875 lo psicologo tedesco Fechner sottopose a più persone un insieme di rettangoli, chiedendo poi di indicare quale rettangolo avesse destato in loro una maggiore sensazione di armonia.



Grafico della distribuzione percentuale delle preferenze registrate
da Fechner.

L’esperienza di Fechner sanzionava quindi un’opinione largamente diffusa tra pittori, architetti e matematici secondo cui dall’osservazione del rettangolo aureo si trae un senso di equilibrata armonia.
Senza dimenticare l'armonia nella musica. La stessa musica ha fatto spesso uso della sequenza di Fibonacci, come nelle fughe di Bach, nelle sonate di Mozart, o nelle “33 variazioni sopra un valzer di Dabelli”, in cui Beethoven suddivise la sua composizione in parti corrispondenti ai numeri di Fibonacci. 
Insomma, il rapporto Φ (1.618...) o il suo inverso (0.618...)  sono simbolo dell’armonia delle costruzioni dell’uomo e la sequenza da cui deriva può regalare assonanze e melodie sublimi.

Cosa ci dice la Matematica?




Il primo incontro con la "Divina Proportione" in genere avviene in Geometria. 
Trattasi infatti della proposizione 11 del libro II degli Elementi di Euclide che recita così:  "Come dividere un segmento in modo che il rettangolo che ha per lati l’ intero segmento e la parte minore sia equivalente al quadrato che ha per lato la parte maggiore”, ovvero come trovare la Sezione Aurea di un segmento, cioè la parte media proporzionale tra l’ intero segmento e la parte rimanente.
Queste le due classiche dimostrazioni:



AD : AB = AB : AE   

(AD-AB) : AB = (AB – AE) : AE

AS : AB = SB : AS 

AB : AS = AS : SB


AS : DB = CA : BS 
AS : AB = AB : (AS – AB)

Ma tante altre sono le caratteristiche della Sezione Aurea , sempre geometriche, e una delle più importanti è la seguente: “Se in un triangolo isoscele la base è la sezione aurea del lato allora l’ angolo al vertice è un quinto dell’ angolo piatto, ovvero la base è il lato del decagono regolare inscritto nel cerchio che ha per raggio il lato



Dal declino del periodo ellenistico passarono circa mille anni prima che la sezione aurea tornasse nuovamente a stuzzicare le menti dei matematici, che ne rilevarono proprietà di natura algebrica, prima inconoscibili per via meramente geometrica.
Il valore algebrico (ovvero soluzione di un'equazione polinomiale a coefficienti interi) che esprime la "sezione aurea" (0,618034) o il "numero aureo" (1,618034), è un numero irrazionale (cioè non rappresentabile come frazione di numeri interi). 


In un diagramma cartesiano una retta rappresenta una crescita lineare, cioè una crescita nella quale l’ incremento si ottiene “sommando” a quanto raggiunto sempre la stessa quantità.
Una crescita invece in cui l’ incremento si ottiene moltiplicando quanto raggiunto per una
quantità a questo proporzionale si dice quadratica ed è rappresentato da una parabola 
I due diagrammi si incontrano in un punto che determina con gli assi cartesiani un rettangolo aureo, quasi a significare l’ equilibri tra una crescita lineare ed una crescita quadratica.



Ma Φ può essere approssimato, con crescente precisione, anche dai rapporti fra due termini successivi della successione di Fibonacci, a cui è strettamente collegato.



Leonardo Pisano, noto anche con il nome di Fibonacci, visse tra il XII il XIII secolo e fu uno dei più grandi matematici del Medioevo.
Nel "Liber Abaci" ("Il Libro dell’Abaco") Fibonacci espone i fondamenti di algebra e matematica usati nei paesi arabi.
La risoluzione di un problema gli fornì l’occasione per l’introduzione della successione (di Fibonacci) che ha uno strettissimo legame appunto con il Numero Aureo. 
E' una successione  di numeri interi positivi, definita per ricorrenza, in cui ciascun numero è la somma dei due precedenti e i primi due termini della successione sono per definizione F1=1 F2=1. Tale successione ha quindi una definizione ricorsiva secondo la seguente regola:
F1=1
F2=1
Fn=F{n-1}+F{n-2}

Foglio del manoscritto su pergamena del Liber abbaci conservato nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze  contenente nel riquadro a destra le prime tredici cifre, in numeri arabi, della cosiddetta "successione di Fibonacci"

Analizziamone alcune proprietà¹:

Il rapporto Image may be NSFW.
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\frac{F_n}{F_{n-1}}
, per Image may be NSFW.
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n
 tendente all'infinito, tende al numero algebrico irrazionale Image may be NSFW.
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\phi
 chiamato sezione aurea o numero di Fidia
In termini matematici:
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\lim_{n \to \infty}{F_n \over F_{n-1}}=\,\phi
dove
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\,\phi={1+\sqrt 5 \over 2}=1,6180339887\dots
Naturalmente il rapporto tra un numero di Fibonacci e il suo successivo tende al reciproco della sezione aurea 
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\frac{1}{\phi} = 0,6180339887...
.
Per Image may be NSFW.
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\phi
 valgono le seguenti relazioni:
a) Image may be NSFW.
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\phi - 1 = \frac{1}{\phi}= {-1+\sqrt 5 \over 2},
b) Image may be NSFW.
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1 - \phi = -\frac{1}{\phi} = {1-\sqrt 5 \over 2}.
Si ha che l'Image may be NSFW.
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n
-esimo numero di Fibonacci si può esprimere con la formula:
         




Cosa ci dicono le nuove scoperte?

La Golden Ratio continua ad aprire nuove porte nella nostra comprensione della vita e dell'universo. E' apparsa nella scoperta di Roger Penrose nel 1974 la "Penrose Tiles",  (Tassellatura di Penrose), che è formata da due tasselli che possono ricoprire un piano solo aperiodicamente, ed è apparsa di nuovo nel 1984 nella disposizione molecolare tridimensionale degli atomi dei quasi-cristalli. 
Mentre entriamo nel 21° secolo,  il numero aureo Φ sembra avere una rinascita per integrare la conoscenza in una vasta gamma di campi di studio, tra cui il tempo e la fisica quantistica.
Questo prezioso "gioiello irrazionale" sembra sempre più indicare l’armonia nell’universo macro e micro. 
Esiste uno stretto collegamento tra matematica frattale, numeri di Fibonacci e Φ e tutto sembra funzionare secondo questi parametri. La fisica quantistica ci dice che alla base della materia esiste un nucleo di energia sottile che vibra a frequenza specifica ed esso è detto stringa. La sua frequenza di vibrazione determina la modalità di aggregazione della materia a costituire una forma ed esiste quindi una relazione tra frattali, serie di Fibonacci e stringhe. Esistono connessioni tra la serie numerica di Fibonacci e i numeri delle dimensioni spazio temporali delle stringhe e questi numeri sono il doppio dei numeri di Fibonacci D = 2F.
Sempre più quindi le nuove scoperte sembrano essere in relazione con Φ, con questo "numero d'oro" o "numero magico",  insomma con questo "gioiello irrazionale" che insieme alla successione di Fibonacci sembra davvero guidare l'armonia dell'universo.


Rappresentazione bidimensionale dello Spazio-Tempo


Nota¹ Altre proprietà matematiche della Successione di Fibonacci qui

Fonti:
From the book:  
I numeri magici di Fibonacci di Keith Devlin 
The Golden Ratio di Livio Mario
From website: 
https://archive.org/details/divinaproportion00paci (manoscritto di Luca Pacioli)
http://www.goldennumber.net/
http://www.mathsisfun.com/numbers/golden-ratio.html


L'eresia di Ippaso a teatro

"Una morte misteriosa, un presunto naufragio......così scomparve Ippaso da Metaponto, colpevole di aver scalfito la perfetta razionalità del sistema pitagorico."



Maria Eugenia D’Aquino e Annig Raimondi

Da questo "giallo", una probabile congiura ordita dai pitagorici per eliminare Ippaso, prende spunto la pièce teatrale, "L'irrazionale leggerezza dei numeri"¹, piacevole, leggera ma nello stesso tempo rigorosa, che è andata in scena al Teatro Oscar.



Riccardo Magherini  e Vladimir Todisco Grande 

I personaggi che si alternano sul palcoscenico, in cui è stata ricreata un'enorme gabbia a indicare la mancanza di libertà, sono:

  • i discepoli di Pitagora, che dialogano dissertando su triangoli e teoremi 
  • un personaggio moderno che con l'ausilio di slides commenta, con rigore matematico, alternandosi ai dialoghi 
  • un "uccello parlante", reincarnazione di Ippaso.

Il tutto si svolge intervallato da una suite di dieci danze (musiche originali di Maurizio Pisati, "Le cinque morti di Pitagora") che, con note in sequenza matematica, diventano a loro volta protagoniste della scena, come protagonista era anche, nella scuola pitagorica, la musica.

Ippaso, forse il più brillante fra i discepoli del grande Pitagora, costretto a parlare in sembianze di "uccello"!!!?? 
Ma come è morto Ippaso da Metaponto? Chi lo ha ucciso e perché? A distanza di 25 secoli questo giallo è ancora irrisolto. 
Seguendo i dialoghi dei discepoli non ci viene poi tanto difficile immaginare Ippaso mentre ascoltava proprio il grande "assente", Pitagora, e disquisire, argomentare, confutare e dimostrare in contrapposizione al Maestro.


Ippaso da Metaponto

Ippaso da Metaponto, considerato da Giamblico la personalità più rilevante della scuola pitagorica antica dopo il fondatore, parla in sembianze di uccello (quasi a ricordare un volo Pindarico?) perché vittima della sua scoperta.
Ma quale scoperta? La scoperta dell'esistenza di grandezze incommensurabili che scalfiva la perfetta razionalità del sistema pitagorico e che Ippaso, trasgredendo alle rigide regole della scuola, ebbe anche l'ardire di divulgare. 
Per la Scuola Pitagorica, tutto era numero. 
Il mondo e la sua armonia erano basati sui numeri interi e sui loro rapporti. I rapporti fra numeri interi davano origine ai numeri “razionali” e su di essi i pitagorici avevano costruito un edificio coerente per l’interpretazione del mondo. 
Ma????!!!!! 
Ma proprio come conseguenza del teorema di Pitagora, che Ippaso applicò ad un triangolo rettangolo isoscele, improvvisamente l’edificio, così faticosamente costruito, subì una scossa paragonabile ad un tremendo terremoto.
Sembra quasi di sentire le voci spaventate dei discepoli:
“C’è una voragine, c’è un buco nero! E'un terremoto! Trema tutto e la terra inizia a sprofondare sotto ai piedi.
Non è possibile! Ma si, Maestro, è proprio qui che il Numero non tiene! Qui, nel rapporto fra il lato e la diagonale del quadrato! Non è un numero razionale positivo, definibile. Insomma, non si può misurare!
Eretico! Sacrilego! Indegno! A morte!"



Come prima conseguenza della scoperta, i Pitagorici furono costretti ad ammettere che il punto non ha dimensioni, contrariamente a quanto avevano sempre creduto e affermato dato che essi ritenevano che i punti avessero una dimensione, fossero molto piccoli e tutti uguali, ma non nulli. Ora invece risultava evidente che un segmento e in generale una figura geometrica sono costituiti da infiniti punti di dimensione nulla. Infatti, nel caso in cui un segmento fosse costituito da un numero finito di punti, ne risulterebbe, ad esempio, che il lato del quadrato conterrebbe un numero intero di punti, e corrisponderebbe quindi ad n volte la dimensione di un punto. La diagonale, a sua volta, sarebbe m volte la dimensione del punto.
Il lato e la diagonale avrebbero quindi un sottomultiplo comune, il punto, e non sarebbero perciò incommensurabili, come invece era risultato evidente. E' proprio la loro incommensurabilità a richiedere che un segmento sia costituito da un numero infinito di punti. 
La figura aiuta a capire perché la diagonale, proiettata sulla retta numerica, ha una distanza dall'origine rappresentata da un numero che per i pitagorici non aveva diritto di esistere, con infinite cifre dopo la virgola.
Per loro, sulla retta numerica c'erano soltanto numeri interi e frazioni, a ciascuno dei quali corrispondeva un punto. In questo modo, invece, si doveva ammettere che il segmento della retta compreso tra 1 e 2 fosse costituito da infiniti punti.

Ippaso aveva osato trasgredire ad una delle regole fondamentali della scuola pitagorica, divulgando all’esterno la scoperta dei numeri irrazionali e mettendo così in crisi le basi su cui la scuola si fondava. Fu così che per il suo tradimento, Ippaso venne messo al bando dai pitagorici che, si racconta, gli innalzarono un monumento funebre, perché fosse chiaro che per loro era morto. 
Si narra anche, ma è sempre leggenda, che lo stesso Giove, adirato contro di lui, l'abbia fatto perire in un naufragio. 
Come scrive, a questo proposito, il filosofo greco Proclo (412 - 485 d. C.): 
"I pitagorici narrano che il primo divulgatore di questa teoria [degli irrazionali] fu vittima di un naufragio; e parimenti si riferivano alla credenza secondo la quale tutto ciò che è irrazionale, completamente inesprimibile e informe, ama rimanere nascosto; e se qualche anima si rivolge ad un tale aspetto della vita, rendendolo accessibile e manifesto, viene trasportata nel mare delle origini, ed ivi flagellata dalle onde senza pace".

La bella piéce teatrale fa parte, come si legge nella presentazione,  del progetto Tεatr0inMatεmatica,  nato a Milano nel 2002 da una felice intuizione di Maria Eugenia D’Aquino, che, con la regista Valentina Colorni, il drammaturgo Riccardo Mini e il prof. Alberto Colorni, ha dato il via a un’originale iniziativa, suscitando l’interesse di un folto pubblico (più di 20,000 spettatori l’anno) e di illustri esponenti del mondo scientifico. 
In scena la Matematica perde la dimensione di scienza austera e accessibile solo a pochi iniziati e diventa materia esplorabile e comprensibile a tutti, lasciando affiorare la bellezza e il fascino che le sono propri.
Elementi centrali del progetto sono la creazione e la diffusione di spettacoli, incontri, workshop, pubblicazioni, focalizzati sull’esplorazione di argomenti scientifici, e sulla loro rivelazione attraverso diversi linguaggi teatrali, che ne scardinino l’apparente inacessibilità e mettano in risalto le applicazioni alla vita di tutti i giorni delle grandi e piccole scoperte. 
Il carattere innovativo del progetto, l’unico in Italia ad avere tali caratteristiche, è l’invenzione di un nuovo strumento di comunicazione per rendere ‘vivente’ e visibile l’approccio scientifico all’interpretazione della realtà, e/o, per dirla con Calvino, per "scoprire un nuovo rapporto fra la fantomatica leggerezza delle idee e la pesantezza del mondo".


Le 5 morti di Pitagora, musica di Maurizio Pisati 
per L'irrazionale leggerezza dei numeri 



nota¹ 
"L'irrazionale leggerezza dei numeri
con Maria Eugenia D’Aquino, Riccardo Magherini, Annig Raimondi, Vladimir Todisco Grande
drammaturgia a cura di Riccardo Mini
regia di Valentina Colorni
musiche originali di Maurizio Pisati - Le cinque morti di Pitagora - suite di dieci danze
consulenza  matematica  del Prof. Franco Pastrone del Dipartimento di Matematica dell' Università di Torino
collaborazione di Daniele Gouthier
produzione PACTA . dei Teatri - Scienza In Scena


Carnevale della Matematica #81 - Anticipazioni

Riprendo il post di Leonardo Petrillo per dare un'anticipazione del prossimo Carnevale della Matematica, l'81°, che uscirà il 14 gennaio su Scienza e Musica

CARNEVALE DELLA MATEMATICA N.81 - 1ª CALL FOR PAPERS

Dopo l'originalissima edizione n.80 del Carnevale della Matematica (chi ancora non l'avesse letta, lo faccia subito cliccando qui), ospitata da Dioniso Dionisi sul blog Pitagora e dintorni, col tema "Matematica e irrazionalità", è il momento di iniziare a pensare anche all'edizione successiva.
Ebbene, l'edizione n.81 del Carnevale della Matematica sarà ospitata, su Scienza e Musica, il 14 gennaio 2015.


Quella che state leggendo è appunto la prima call for papers, ovvero "la chiamata alle tastiere" per coloro che desiderino prenderne parte. 
Come consueto per i Carnevali ospitati su questo blog, la scelta della tematica portante dell'edizione è ricaduta su un tema (non vincolante) ad ampissimo respiro: "Storia, Personaggi e Applicazioni dell'Analisi Matematica".
Di primo acchito potrebbe sembrare un tema destinato solo a una trattazione matematica di livello avanzato, ma si presta benissimo a diversi livelli di divulgazione della disciplina.

Infatti le diciture "Storia" e "Personaggi" lasciano trasparire l'esortazione a parlare di vicende interessanti legate a questa branca della matematica o a personaggi significativi che hanno fornito contributi alla suddetta, non necessariamente affrontando la trattazione tecnica dei concetti matematici da costoro introdotti.
Si potrebbe (giusto per dare un esempio) parlare del rapporto di Newton con l'alchimia e si rientrerebbe comunque nel tema, essendo Newton uno dei pionieri dello sviluppo dell'analisi matematica!




Oltre a ciò, con il termine "Applicazioni" si è voluto dare spazio alla possibilità di parlare dell'utilità della suddetta branca della matematica ("terrore" degli studenti di liceo scientifico del V anno), anche in contesti differenti dalla "matematica pura", come ad esempio la fisica, la chimica, l'ingegneria, la medicina, la biologia (si potrebbe illustrare per esempio come lo scorrere del sangue nell'organismo venga spiegato attraverso modelli matematici), ecc.

Risultano graditissime anche forme di contributo differenti dal "classico" articolo (per esempio racconti immaginari che abbiano comunque a che fare con la tematica prescelta o con la matematica in generale).
Qualora la tematica prescelta non fosse di vostro gradimento, come sempre i contributi fuori tema sono ben accolti e anzi servono per rendere maggiormente variegato il Carnevale stesso (auspicando che non siano tutti quanti fuori tema!).
Quello che dovete fare è elaborare, sui vostri blog, dei contributi originali relativi al tema dell'edizione, o alla matematica in generale, e inviarli al sottoscritto, entro il 12 gennaio (tutto compreso), all'indirizzo email che segue: leonardo92.universo@gmail.com

Al Carnevale della Matematica può partecipare chiunque, dal semplice appassionato all'esperto

Appuntamento al 14 gennaio, su Scienza e Musica, per una full immersion nei meravigliosi meandri del calcolo infinitesimale, della sua storia e delle sue applicazioni (e non solo!).
Attendo i vostri contributi!
Per maggiori informazioni sull'evento Carnevale della Matematica potete guardare qui.

Leonardo Petrillo 

Auguri matematici Natale 2014

Per questo Natale non potevano mancare gli 
Auguri Matematici!!!!!!

Mi sono divertita a creare un cartoncino di Auguri con semplici funzioni matematiche (rette, sinusoidi e alcune circonferenze) per augurare a tutti un Buon Natale 2014.





Questa è la pagina in cui potete vedere come si forma il mio  "cartoncino di Auguri".......ma potete sbizzarrirvi e  crearne tanti altri in questa pagina vuota !!!!!


Leibniz......dal calcolo infinitesimale all'angelologia

Siamo nel 2015 e, in questi giorni di inizio d'anno, fervono articoli di astrologia con le previsioni sul prossimo futuro di un anno che, almeno, non sarà bisestile!!!

Costellazioni e Zodiaco

Quali sorprese ci riserverà il 2015? 

Per gli astrologi basta dar retta alle stelle! Infatti gli astrologi, come ogni anno, si sono messi ad osservare il cielo per fornire quelle risposte che molti attendono, a cui molti credono o di cui molti sorridono.
Malgrado sia privo di qualsiasi tipo di fondamento razionale o logico, l’oroscopo è ovunque e non c’è quotidiano o rivista che non riporti da qualche parte i “consigli” del giorno.
La vita è piena di difficoltà, il futuro è pieno di incognite e a tante domande non potremo mai dare risposte, mentre invece l’astrologo rassicura, consola, conforta. Per l’astrologo non c’è domanda che non abbia risposta, problema che non abbia soluzione.
Anche se l'astrologia contiene in se la capacità di dare all’uomo la sicurezza di un destino già scritto, razionalmente parlando non ha alcun fondamento. 
La grande scienziata Margherita Hack che, come astronoma, le stelle le conosceva davvero bene, ha usato fiumi di inchiostro per dimostrare che nelle stelle non è scritto davvero nulla.

“Gli astri sono troppo lontani per poterci influenzare. Che possa esistere un’ influenza di qualche tipo – di cui, beninteso, io non sono al corrente – sul carattere di chi nasce in un periodo dell’ anno piuttosto che in un altro, forse, e sottolineo forse, potrebbe anche essere. Ma le stelle di sicuro non c’ entrano nulla. L’astrologia è pura superstizione. Chi sostiene che le stelle possano esercitare una qualche influenza su di noi, non sa evidentemente a che distanza si trovano dal nostro pianeta“.

Secondo l'oroscopo ognuno di noi, dal momento della nascita, viene iscritto in un proprio segno zodiacale, con un proprio ascendente, con passaggi di particolari satelliti.....e per tutta la vita si crea quindi un legame, fra di noi e il nostro segno, in grado di esercitare un’influenza sul nostro umore, sul nostro carattere, sulla nostra vita sentimentale, sul nostro lavoro, sulla nostra salute......

Ma quest’influenza è dovuta a forze metafisiche o fisiche? 

Sappiamo che quelle fisiche, come ad esempio le radiazioni o la forza gravitazionale che arrivano dalle Stelle sulla Terra, possono essere calcolate scientificamente, ma sappiamo anche che giungono in quantità così minime da essere trascurabili.


Zodiaco

E che dire dei segni zodiacali?

Gli stessi segni zodiacali non esistono! Essi sono costellazioni, ovvero insiemi di stelle raggruppate fino a formare un disegno immaginario, ideate dagli antichi astronomi per orientarsi nell’osservazione dell’Universo. 
Senza trascurare il fatto che, oltretutto, costellazioni e segni zodiacali non coincidono più. La precessione degli equinozi, fenomeno dovuto al moto della Terra, lentamente sposta la visualizzazione degli astri. Oggi, proprio per via di questi fenomeni, le costellazioni zodiacali non sono più dodici bensì quattordici. E si sono spostati anche i giorni di riferimento e chi, per esempio, è nato il 31 marzo, non è nato sotto il segno dell’Ariete come sostiene l’astrologia, ma in quello dei Pesci. 
Visto e considerato che queste influenze non possono essere generate da forze fisiche non rimane che l'alternativa di forze metafisiche!



Rapporto tra i settori del “Grande Cerchio” e gli archi ortivo ed occaso del Sole, nell’ipotesi di divisione della circonferenza in 72 settori - Corrispondenza con i 72 Angeli lunari



Ma quali forze metafisiche?

Se proprio vogliamo credere agli influssi che possono condizionare le nostre azioni, il nostro carattere, le nostre caratteristiche personali perché non affidarci ad altre forze, magari quelle degli Angeli!?
E qui entra in gioco il nostro amico Leibniz, perché curiosando nella sua biografia e sulla vastità dei suoi interessi (a me erano principalmente conosciuti quelli scientifici e filosofici) ho trovato studi e dissertazioni anche sulle entità angeliche derivate dalla Cabalah, i 72 angeli che circondano il trono di Dio, in continua rotazione secondo un’ellisse che collega tutte le costellazioni dello zodiaco.


Gottfried Wilhelm Leibniz (1646 - 1716)

Gottfried Wilhelm Leibniz (1646 - 1716), educato dal 1653 al 1661 alla Nikolai-Schule di Leipzig, la sua città natale, si iscrive all’università seguendo il normale corso biennale che al suo tempo comprendeva filosofia, retorica, matematica, latino, greco ed ebraico.
Anche grazie a questi studi Leibniz esemplifica una notevolissima varietà di interessi e attività, ancora più eccezionali sono l’originalità che egli manifesta in una serie di campi del sapere e la sua incomparabile capacità di assorbire le mille voci della tradizione, rielaborandole in una potente e innovativa sintesi.
Leibniz non è ancora trentenne quando, nel 1675, inventa, indipendentemente da Newton (1642-1727), il calcolo infinitesimale, destinato ad avere un enorme impatto in matematica e in fisica. 
Sebbene Newton arrivi alla determinazione del calcolo in epoca appena precedente, è Leibniz che pubblica per primo la scoperta con un articolo apparso nel numero di maggio del 1684 sulla rivista "Acta Eruditorum". 
Nonostante l'acre polemica circa la priorità dell’invenzione e le accuse di plagio scagliate dal "circolo dei newtoniani", fu certamente Leibniz a introdurre la chiara notazione algebrica e la terminologia tuttora in uso. 
Il calcolo non fu però il solo insigne contributo di Leibniz alle scienze matematiche: sempre durante il periodo parigino, egli è uno dei primissimi a concepire un’aritmetica binaria, anticipando l’era dei computer tramite una prima, per quanto ancora molto rudimentale, applicazione della sua scoperta alla macchina calcolatrice. 


La calcolatrice di Leibniz (in inglese Stepped Reckoner)

Nel 1679, in risposta alla geometria analitica cartesiana, propone un nuovo tipo di topografia, battezzata "analysis situs". 
Come spesso accade con le invenzioni leibniziane, si tratta però di una scoperta troppo avanzata per essere compresa e verrà ripresa solo nel XIX secolo per diventare una teoria di centrale importanza per la geometria non euclidea.
Ma il contributo di Leibniz alla scienza e alla tecnologia non si ferma qui e si estende a una varietà di altri aspetti. 
Per citare solo qualche esempio, oltre a lavorare per tutta la vita al miglioramento della sua macchina calcolatrice e ad idearne una per eseguire le quattro operazioni con l'aritmetica binaria, egli è tra i primi a comprendere la correlazione tra tempo e pressione atmosferica, inventa il primo barometro aneroide, disegna un prototipo della moderna pompa rotante, studia la formazione di fossili e minerali, intuisce la possibilità di sfruttare la forza del vento e dell’acqua e raccoglie dati in vista della determinazione del grado di latitudine attraverso l’inclinazione dell’ago magnetico.

Non voglio qui soffermarmi sull'immenso caleidoscopio di attività e interessi che caratterizzarono la vita di Leibniz, dall'intensa attività politica, diplomatica e giuridica fino, e non ultime, alle teorie filosofiche e metafisiche.
Teorie metafisiche e teologiche che lo portarono a sostenere quella linea continua di pensiero che va dai gradi più bassi di conoscenza (caratterizzata da idee chiare e tuttavia confuse), fino alla perfetta comprensione permessa dalle idee adeguate e possibile in larga misura solo a un intelletto infinito come quello divino.
In base al "principio di pienezza", dato che Dio doveva aver fatto il nostro mondo con il numero più vario di entità possibili, allora necessariamente dovevano esistere intelletti capaci di cogliere ciò che a noi sfugge, ma a cui noi posiamo tendere e raggiungerne l'elevato grado di conoscenzaentità "angeliche" con capacità superiori.


 72 erano anche i gradini della scala vista in sogno da Giacobbe, tramite la quale gli angeli scendono e salgono 
dalla terra al Cielo ( i 72 nomi di Dio)

Angeli separati e corporei o l’uomo strutturato in corpo, anima e angelo?

Sicuramente Leibniz era a conoscenza del pensiero esoterico dell'Angelologia, legato alla Cabalah ebraica e poi cristiana, che comunque adattò alle sue concezioni filosofiche, metafisiche e teologiche, come testimoniano anche i tre manoscritti conservati a l'Académie des sciences morales e politiques,"Leibniz, la philosophie juive et la Cabale" (copia digitale del libro).
Di Leibniz ci sono ancora tantissimi scritti inediti sull'argomento e pochi anni fa è uscito un saggio, di Mattia Geretto, sulla comprensione più completa e adeguata della metafisica leibniziana, "L’Angelologia Leibniziana". 
Come si legge nella presentazione del libro 
"L'angelologia leibniziana è una disamina di tutta la filosofia di Leibniz alla luce della problematica presenza di figure come angeli, genii e dèmoni........"

Il terminee Cabalah (o anche, Kabala, Kabbala, Qabalah) significa conoscenza, ricezione, rivelazione e più precisamente, il termine Qabalah, deriva da Quibel "ricevere", cioè ciò che viene tramandato per trasmissione orale e che diventa "tradizione". Indica una raccolta di testi mistici, frutto della cultura ebraica, per lo più segreti e in parte trasmessi oralmente, da una generazione all’altra di maestri e di studiosi.
E la stessa origine ebbe anche la Cabalah cristiana che si diffuse notevolmente anche grazie al contributo di Pico della Mirandola e degli alchimisti e filosofi Pietro d'Abano e Agrippa von Nettesheim che ne parlò nel "De occulta philosophia", e che influenzarono sicuramente anche la cultura al tempo di Leibeniz.   
La Cabalah viene normalmente classificata in: pratica, letterale, non scritta, dogmatica. 
In particolare la Cabalah dogmatica comprende la parte teorica e si basa sull’elaborazione di alcuni testi fondamentali, tra cui lo Sepher Yetzirah, attribuito al patriarca Abramo, lo Zohar, il Sepher Sephirot e alcuni altri tra cui il Libro dell’Angelo Raziel.
Oltre allo Zohar (Libro della Luminosità) quello che riguarda più specificatamente l'influsso degli Angeli è il Khemot (Libro dei Nomi), dove si trova appunto l’elenco dei nomi dei 72 angeli (derivati dai 72 nomi di Dio) che circondano il trono di Dio.


De occulta philosophia - Agrippa von Nettesheim

Leibniz non  si può ritenere certo un seguace o sostenitore dell'esoterismo degli Angeli ma anche lui ha sicuramente contribuito alla divulgazione di teorie "angeliche" che, riprese in periodi storici successivi, fine settecento/ottocento con il fiorire della massoneria (legata alle tradizioni segrete ebraiche) e periodicamente fino ai giorni nostri, trovano sostenitori, divulgatori e "credenti", in alternativa alle concezioni astrologiche.
Come spiega Igor Sibaldi¹, nel suo "Libro degli Angeli"

"mentre l'Astrologia non interviene, se non in termini di cauta probabilità, sugli scopi che l'individuo si prefigge e lo lascia libero di scegliere i propri, l'Angelologia non solo non parla di Astri ma vuole indicare all'individuo quali scopi può e deve prefiggersi e quali compiti dovrà avere nel mondo per il bene suo e di tutti" ammettendo anche che "i criteri della nostra razionalità siano incompatibili con l'Angelologia".

Secondo l'Angelologia l’arco zodiacale (360° in continua rotazione lungo un’ellisse che collega tutte le costellazioni dello zodiaco) è diviso in sezioni di cinque gradi e ciascuna di queste corrisponde ad un periodo di circa cinque giorni dell’anno (365 giorni) e ogni periodo è dominato da uno dei 72 angeli.
Ciascuno degli angeli zodiacali (definiti anche "custodi") esercita un particolare influsso sui nati nel periodo in cui è dominante, assicurando protezione e trasmettendo le energie e i doni specifici di cui è portatore e una tabella, elaborata dai testi dell’angelologo Haziel² e suddivisa in 12 parti, guida la ricerca in base alla data di nascita. 


A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice (lamed-aleph-waw) del Nome risponde alla configurazione: L'Appeso - Il Mago - L'Innamorato

Certamente più dell'Astrologia, l'Angelologia può essere una risposta al materialismo, soffocante per molti, e alla necessità di trascendenza.
Di fronte alla decadenza delle religioni tradizionali e all'affanno di presentare novità, l'angelologia rappresenta forse una nuova gnosi, un nuovo modo di esprimere il religioso per renderlo attraente.
Ognuno quindi può cercare, nella tabella Haziel, il suo "Angelo" ed io ho scoperto che il mio è Lauviah 1, 11° Angelo, il cui nome  significa “Dio loda ed esalta”
Curiosare può essere anche stimolante, crederci è un'altra cosa!


Note
¹Igor Sibaldi è scrittore e studioso di teologia e storia delle religioni. Ha pubblicato diversi romanzi presso Mondadori e curato l'edizione e la traduzione di numerosi classici della letteratura russa. Studioso di teologia neotestamentaria dal 1997, con il suo romanzo saggio "I maestri invisibili", ha cominciato a narrare la sua personale esplorazione "dei miti e dei territori dell'aldilà". Tiene conferenze e seminari in tutta Italia su argomenti di mitologia e di psicologia del profondo.

²François Bernad Termès è nato a Girona il 18 ottobre 1927. I suoi libri sono conosciuti in tutta Europa, sempre firmati con lo pseudonimo HAZIEL, il nome del primo Angelo Guardiano del Cuore dei Cherubini. Mistico realista, spazia dalla Cabala agli Angeli e agli Arcangeli, passando dall’Astrologia e dai Tarocchi. In Italia ha pubblicato diversi libri sugli Angeli divenuti dei Best Seller con decine di migliaia di copie vendute.


Fonti
From the book
L’Angelologia Leibniziana - Mattia Geretto 
De occulta philosophia - Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim 
Il libro degli Angeli - Igor Sibaldi
From website
http://emto.tumblr.com/post/12512007967/early-modern-angels-iii-natural-and
http://www-history.mcs.st-andrews.ac.uk/Biographies/Leibniz.html
http://www.angelologia.it/nomi.htm
From the pictures
http://www.istitutocalvino.it/studenti/siti/ia/precursori/leibniz.html






Tango nella skyline milanese

Nel cuore del quartiere Isola, tra il Bosco verticale e i nuovi grattacieli di Porta Nuova, eccomi a "La Stecca", la Milonga che affacciandosi sul panorama della skyline milanese, rappresenta forse un insolito connubio per il tango che, nell'immaginario collettivo, trova solitamente la sua collocazione in locali un po' retrò o dal fascino rioplatense.




Qui il fascino invece sta proprio in questo contrasto tra una modernità estrema e la tradizione di una danza, il tango argentino, che trova le sue radici agli inizi del secolo scorso.
Ma non è solo questo a creare un'atmosfera intrigante e a farne una serata tanguera con una marcia in più!
La selezione musicale e il Piano Live creano un lunedì con un valore aggiunto, quello della musica dal vivo e delle cortine ballabili create dallo splendido pianoforte di Jean Filoramo. 



Il flauto di Mira Contu ha accompagnato Jean Filoramo nella serata di lunedì 26 gennaio 2015 

Era da tanto tempo che non parlavo di Tango su questo mio blog, forse perché non ritrovavo più quelle atmosfere e quelle suggestioni provate in tante serate tanguere ormai lontane.
Finalmente un progetto e una novità in questo universo sempre più piatto o appiattito da organizzatori a volte incompetenti o mossi solo da ritorni economici (per altro molto esigui nel panorama tanguero) e da frequentatori e ballerini sempre meno interessati alla qualità della serata.
Assistiamo alla nascita di sempre nuove Milongue, molte volte un po' improvvisate, che invogliano i ballerini solo perché appagano il loro desiderio di provare posti nuovi. 
Io ritengo invece che sia fondamentale che ci si debba riconoscere in una Milonga, nel suo stile, nella sua musica, nel tango che lì si pratica e che si debbano far crescere proprio quelle Milongue che portano avanti un progetto e non quelle che nascono nello spazio di una serata (one night), senza un impegno o un vero progetto musicale.
Spero proprio che "la Stecca" riesca a far parte di quella realtà del tango milanese fatta sia da coloro che appartengono al nucleo storico e che mantengono vive le Milongue tradizionali, sia da coloro che hanno deciso di mettersi in gioco con serio impegno e competenza, seguendo l’esigenza di integrare il tango tradizionale con brani di musica di gusto più contemporaneo.

Un ricordo.
Jean ci ha regalato un'interpretazione al piano di "Goodbye, My Love, Goodbye" in ricordo del grande Demis Roussos.....un'improvvisazione, senza spartito, davvero suggestiva!!!!! 
Qui lascio un video sempre dedicato al grande interprete greco Demis Roussos, che ha lasciato questa vita pochi giorni fa: un tango "Danse a la vie"




Demis Roussos - Danse a la Vie (tango)


Un grazie a Tamara e a Jean per la serata e per le foto della loro Bocanegra, The Litte


Gli Incas e il loro "strano" calcolo matematico

"Famolo strano", la famosa frase di un film di Carlo Verdone e adottata da RudiMathematici per lanciare il tema di questo 82° Carnevale della Matematica, mi ha ricordato una conferenza a cui assistetti tempo fa, al Convegno Internazionale “Calcolo Matematico Precolombiano”, tenuta su un interessante studio/ricerca sulla matematica degli Incas e sulla sua interpretazione. 
Lo "strano" era appunto l'Abaco Inca, una realtà numerica decisamente strana e diversa dal sistema decimale, basato invece sull' istintiva possibilità di far di conto con le 10 dita.
Il professor De Pascale che all'inizio di questo secolo si occupò seriamente e profondamente nella decifrazione dell’Abaco Inca,  dimostrò essere un meccanismo di conteggio molto flessibile, che pur basandosi su un sistema di numerazione in base 40 può indifferentemente funzionare non solo nella base 10 e 36/40, ma anche nelle basi 12, 13, 18, 20, ecc.
Nel dicembre 2000 Nicolino De Pasquale ipotizza l'utilizzo da parte degli Incas di strumenti di calcolo basati su un sistema di numerazione in base 40 con pesi (1, 2, 3, 5) appartenenti alla successione di Fibonacci,  sistema di pesi  comune anche ad altre popolazioni come i Maya, i Tiwanaku, gli Huari, gli Egizi. 

Libro "Nueva Corónica y Buen Gobierno", scritto nel 1615 da Guaman Poma Felipe de Ayala

Purtroppo gli studi precedenti, e per più di 400 anni dal primo contatto, avevano cercato di interpretare l’Abaco Inca rispetto alla base 10, nonostante incongruenze e poca compatibilità con quest'unica base di calcolo.

"Una sorta di “dogma decadico”, di “postulato numerico” sembra aver davvero ritardato il progredire della nostra conoscenza della cultura Inca. Ad un primo esame, questo sistema di numerazione in base 40 si distingue per caratteristiche peculiari degne di essere indagate per fare piena luce sul passato e, nel contempo, trarre preziose indicazioni nella ricerca di nuove e più efficienti architetture di calcolo."

L’Abaco Inca (in forma di ”yupana”), presenta una caratteristica davvero "strana", quella di essere basata sulla successione del matematico Leonardo Pisano detto il Fibonacci (Pisa, settembre 1170 – Pisa, 1240). 
Le 40 combinazioni del codice sono ottenute mediante un particolare sistema di numerazione (basato appunto sui primi termini della successione di Fibonacci e intrinsecamente ridondante) con i coefficienti definiti dal medesimo stato binario dei singoli "semi". 




"Proprio questa peculiarità ha favorito la costruzione di una calcolatrice elettronica (per le operazioni aritmetiche fondamentali) come fedele riproduzione dell’abaco, sebbene basata su una scheda a microprocessore con segnali binari di ingresso e di uscita, corrispondenti allo stato dei singoli “semi”. Il software del dispositivo è stato implementato esclusivamente con appositi algoritmi dedotti dalla struttura stessa dell’abaco, con l’esclusione tanto dell’aritmetica binaria, quanto di quella decimale. Questo prototipo ha permesso così di approfondire la conoscenza del codice Inca, a stretto contatto con “pregi” e apparenti “non pregi” di tale sistema di numerazione. L’approccio iniziale ed il primo giudizio sono stati inevitabilmente “occidentali”, con tutti i condizionamenti derivati dall’assuefazione all’uso del nostro rigido sistema binario. Di conseguenza un notevole intralcio alla “fluidità” dei primi tentativi di sintesi è scaturito proprio dalla ridondanza del codice Inca che permette di scrivere un medesimo numero in più modi. Ma, ad una lettura più attenta e meno condizionata, questa caratteristica si è rivelata proprio come base di interessantissimi approfondimenti a partire dal metodo di "somiglianza" (da sfruttare ad esempio nella sottrazione e nella divisione) che dà una precisa risposta al perché gli Incas abbiano adottato tale sistema, fino ad una radicale rilettura della stessa ridondanza come "eccedenza di Qualità" (v. Giannantoni, 2002), per nuovi (o antichi) sistemi di numerazione e, più in generale, per nuove architetture di calcolo."

Nella miniatura il funzionario amministrativo (“contador mayor y tesorero” o camayoc) regge fra le mani un quipu e ai suoi piedi è presente lo schema della yupana (Figura 1)


Prima di addentrarci ad analizzare questi "strani" sistemi di calcolo vediamo storicamente quali fatti hanno permesso questa ulteriore e proficua indagine .
Dell'Abaco Inca illustrato nella miniatura (Figura 1) in forma di yupana ai piedi del Curaca (accanto al quipu, nelle raffigurazioni dell’epoca, troviamo spesso la yupana che si presenta come una sorta di pallottoliere), nel prezioso libro scritto e illustrato nel 1615 dal cronista indigeno Felipe Guaman Poma de Ayala ("Nueva Corónica y Buen Gobierno" - Institut d’Ethnologie, Paris), e rimasta a disposizione degli studiosi fino dal 1936,  non ne era stata data una decifrazione coerente, in quanto  le precedenti ipotesi, in chiave numerica, erano state formulate su base decimale nonostante la presenza di 11 semi nella struttura elementare dell’abaco, in netto contrasto con tale assunzione.
Un altro fatto importante riguarda la scoperta di altri due manoscritti che, grazie all' indagine e alla decrittazione effettuata da una studiosa napoletana (1996), Clara Miccinelli, e allo studio condotto da Laura Laurencich Minelli, docente di Storia e Civilta' Precolombiane dell' America all' Universita' di Bologna, hanno reso più agevole l'interpretazione dei "quipus" oltre a rivelare fatti inediti e sconcertanti sulla storia della conquista spagnola del Peru'.
Questi manoscritti sono: 
"Exsul Immeritus Blas Valera populo suo", datato Alcalà de Henares 10 maggio 1618 e scritto interamente dal gesuita esule, il meticcio P. Blas Valera, e "Historia et Rudimenta Linguae Piruanorum" composto fra il 1600 ca. e il 1638 dai gesuiti italiani F.Antonio Cumis e P. Anello Oliva, quest’ultimo noto come cronista la cui opera "Historia del Reino y Provincias del Perú" (1631) non ebbe però l’imprimatur della Compagnia.
Non mi addentro nell'analisi di questi manoscritti e dei risvolti gialli che hanno accompagnato tale scoperta lasciando alla curiosità del lettore la chiara visione che ne dà il libro di Clara  Miccinelli, "Quipu, il nodo parlante dei misteriosi Incas" e un'introduzione di Laura Laurencich Minelli e Giulio Magli, del Dipartimento di Matematica del Politecnico di Milano, al "Calendario Quipu del secolo 17° e il suo rapporto con l'astronomia Inca".


Immagine di un Quipu

Mi limiterò qui a sottolineare come le yupane abbiano conservato il loro segreto intatto per quasi 5 secoli, dato che i conquistadores distrussero migliaia di queste tavolette di pietra e pochi sono stati gli esemplari a disposizione degli studiosi. 
Inizialmente classificate come “abaco degli inca” (yupani in lingua Quechua significa contare), le tavolette di pietra o terracotta compaiono sulle decorazioni di manufatti di argilla e in alcuni rari documenti, in particolare appunto nell’opera "Nueva corónica y buen gobierno" e solo recentemente si è capito come gli Incas facessero calcoli con le yupane registrandone il dato sui quipus che fungevano da sistemi di scrittura e lettura.


Immagine di un Quipu

Quanto all’uso delle yupane, si attribuiva loro una molteplicità di funzioni, come modelli architettonici, abachi di calcolo o persino scacchiere impiegate per il gioco d’azzardo e Charles Wiener (1877) sosteneva che servivano per calcolare i tributi che pagavano i contadini.
Il primo studioso a dare un'interpretazione scientifica della yupana fu Henry Wassen (1931) che sosteneva, erroneamente, che il calcolo si basasse sulla progressione 1, 5, 15 e 30. 
Con il trascorrere degli anni molti studiosi hanno tentato di scoprire questo mistero, poi svelato, quasi per gioco, dall’ingegnere aeronautico pescarese Nicolino De Pasquale. Bizzarra potrebbe altresì definirsi la vicenda che ha permesso a De Pasquale di rivelare questo segreto senza saper niente né di Incas, né del segreto stesso, né tanto meno dei vari tentativi di decifrare le misteriose yupane.
Pare infatti che a Natale del 2000, in modo del tutto casuale, Nicolino De Pasquale, ricevesse in regalo dal nipote un libro di enigmi matematici che conteneva la miniatura di Guaman Poma con la scacchiera misteriosa e ne risolvesse l'enigma in meno di mezz’ora dopo aver osservato che il numero di cerchietti riportati nel disegno ricordava qualcosa di molto celebre in matematica, la “serie di Fibonacci” costituita dalla sequenza dei numeri dati dalla somma dei due precedenti: 1, 2, 3, 5, 8, 13..... e così via. 
De Pasquale ottiene così un sistema di numerazione in base 40 che sottopone a matematici, informatici e ingegnere dell’Università di Teramo e de L’Aquila e infine a uno dei maggiori esperti italiano di culture precolombiane, Antonio Aimi, secondo il quale la scoperta svela appunto l’equivoco originale di aver attribuito agli Incas un sistema di numerazione a base decimale. 
In sostanza quindi la yupana è un abaco che utilizza un sistema di numerazione in base 40 con pietre, o semi, cui sono attribuiti valori 1, 2, 3, 5 e sommando un’unità, due coppie, 3 terne e 5 cinquine si ottiene 39 cui, se si aggiunge lo zero, dato dalla mancanza di semi, si arriva alle 40 combinazioni totali. 




Più bizzarro ancora, Nicolino De Pasquale, invitato nel 2006 a Cagliari dal Club Unesco, parlò della sua scoperta partendo dai fiori: 

"Il gigaro (Arum maculatum) ha un solo petalo, la menta due, tre la baldellia (Baldellia ranunculoides), cinque la malva (Malva silvestris), otto i fiori di campo, abbiamo sempre 1, 2, 3, 5, 8, 13, e così via. Lo stesso si osserva nel carapace delle tartarughe, nei gusci delle conchiglie, nella struttura delle galassie e dei buchi neri e, se i numeri della serie di Fibonacci sono quelli che descrivono meglio la natura, allora il sistema più adatto a rappresentarli è proprio quello ricavabile dalla matematica inca, introdotto per mezzo delle yupane".

Osservando vasi, yupane, ceramiche ed altre fonti storiche, De Pasquale elabora nuovi sistemi di rappresentazione grafica, dai piani cartesiani alle funzioni, dalla derivazione all'integrazione, che straordinariamente convergono con le più recenti teorie matematiche.
Inoltre, De Pasquale sostiene la superiorità della matematica inca rispetto a quella pitagorico-euclideo-cartesiana di stampo occidentale, dimostrando come, con un abaco in legno appositamente ricostruito, si ottenga una maggior rapidità di calcolo per le quattro operazioni, affermando anche la potenza delle mappe sferiche, quindi non cartesiane, che permetterebbero il calcolo visivo e immediato di limiti, derivate e integrali, applicazioni che nel nostro sistema richiedono procedure estremamente complesse.....ma questa è un'altra storia!

Torniamo al nostro Abaco Inca e vediamo in dettaglio "matematico" la struttura del sistema delle yupane¹ 

Come noto, scelta una base di rappresentazione ß, ogni numero naturale n si può scrivere nel modo seguente
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Fig.2
con 0 ≤ αi < ß –1 dove gli αi sono quasi tutti nulli.
I numeri αi sono solitamente rappresentati con simboli diversi e indipendenti tra loro: nella notazione decimale usuale abbiamo le cifre 0, 1, 2, 3, ... , 9.
Ma l’aritmetica che sottende alla calcolatrice inca vuole invece che le cifre siano a loro volta rappresentate con una notazione posizionale e questa volta di tipo diverso. Ogni cifra αi infatti si scrive come
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Fig.3
dove fj è un peso che viene assegnato alla cifra aj e dunque non è necessariamente potenza di una base fissata. Nel caso specifico si tratta di quattro termini consecutivi della successione di Fibonacci:
f1 = 1; f2 =2; f3 =3; f4 =5;
e il vincolo su aj è
0 ≤ aj ≤ fj

Nelle condizioni espresse, la formula (1) rappresenta tutti i numeri da 1 a 39 e, da un punto di vista concreto, consente l’interpretazione numerica della figura che si forma posizionando granellini di mais sulla tavoletta della figura seguente negli appositi spazi.
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Fig.4

Ecco ad esempio due rappresentazioni del numero 4.
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Fig.5

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Fig.6

Si codificano in questo modo tutte le cifre αi.
Quindi, l’Abaco Inca opera con 2 sistemi di numerazione, uno “globale” per l’individuazione completa del numero da rappresentare, ed uno “locale” valido per la definizione dei singoli coefficienti. Il sistema globale é un classico sistema di tipo posizionale pesato, ha per base 40 ed è quindi sintetizzabile con la notazione:
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Fig.7

dove:
  • N = numero di cifre utilizzate (coincidenti con il numero di righe);
  • i = generica posizione (corrispondente ad una riga);
  • Ci = singolo coefficiente (da 0 a 39).

A differenza degli altri sistemi classici, nell’Abaco Inca le 40 combinazioni per la definizione dei coefficienti non sono rappresentate da 40 simboli, bensì mediante un particolare sotto-sistema di numerazione a 4 settori, che possiamo definire “locale”, con pesi rispettivamente corrispondenti a unità, coppie, terne e cinquine secondo la successione di Fibonacci.
Secondo la forma canonica dell’Abaco, ogni unità può essere assunta una sola volta, ogni coppia al massimo 2 e analogamente ogni terna 3 e ogni cinquina 5. Nello schema è descritta questa struttura con il massimo coefficiente ottenibile (39=5×5+3×3+2×2+1).
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Fig.8


Se si aggiunge lo zero, rappresentato dalla mancanza di semi, si ottengono le 40 combinazioni totali della base. Ogni riga rappresenta nell’abaco un coefficiente che, seguendo la notazione precedente, sarà poi moltiplicato per la relativa potenza della base 40 in relazione alla sua posizione.
Anche nel sotto-sistema non sono definiti i simboli, ma sono indicati i sotto-coefficienti attraverso la presenza o l’assenza di singoli semi.
La scrittura di un generico coefficiente (Ci) può essere schematizzata con la seguente notazione:
Ci = CI × 5 + TE × 3 + CO × 21 + UN × 10             (3)
dove:
CI = cinquine, TE = terne, CO = coppie, UN = unità.

Il passaggio successivo, per indicare un qualunque numero naturale, si effettua, poi, usando la base 40, cosa che, in concreto, porta alla forma bidimensionale della yupana schematizzata nella figura seguente. L’ultima colonna è stata qui aggiunta per segnalare il peso della riga ed è indicato tra parentesi il massimo numero rappresentabile in ogni casella.
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Fig.9

Il valore di ogni singolo granello è rappresentato nella tabella che segue:
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Fig.10

Si tratta dunque di una scrittura la cui notazione posizionale abituale si sviluppa in altezza e lo zero è semplicemente la mancanza di granelli sulla riga.

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Fig.11

 Frammento ingrandito dell’immagine che permise a De Pasquale di risolvere l’enigma delle yupane


Non nascono ambiguità di interpretazione in quanto la scrittura si sviluppa sui piani scanditi nella tavoletta dall’alto (posizione a potenza maggiore) verso il basso e non su un foglio da sinistra verso destra dove diventa necessario indicare esplicitamente lo zero. Niente vieta, poi, di rappresentare le frazioni.
La semplicità cognitiva del sistema è stupefacente e la precisione di 4015 ottenuta con l’abaco a 15 righe raffigurato in alcuni vasi andini consentiva agli incas la rispettabile precisione di circa 25 cifre decimali.

Una delle caratteristiche del sistema delle yupane è che il sotto-sistema locale risulta notevolmente ridondante essendo possibile scrivere uno stesso numero in più modi differenti. Per esempio una cinquina può essere rappresentata anche come una terna più una coppia, oppure con due coppie più una unità.

Occorre tuttavia precisare che nell’abaco la ridondanza riguarda solo il sistema di numerazione locale di riga, mentre quello globale non presenta questa caratteristica e possiede proprietà del tutto simili al nostro decimale tranne che per il valore della base.
La ridondanza è una caratteristica fondamentale dell’abaco inca e, a prima vista, sembrerebbe costituire una notevole complicazione ritenuta fortemente negativa. In realtà vedremo che la ridondanza nella rappresentazione, insieme con la somiglianza di cui parleremo nel prossimo paragrafo, si traducono invece in una serie di concreti vantaggi.
È opportuno, tuttavia, chiarire che l’ipotesi secondo la quale gli inca abbiano creato un così particolare sistema di numerazione, basato sulla ridondanza (e sulla somiglianza) per semplificare i calcoli, è avvincente e anche in realtà persuasiva sotto molti punti di vista, ma va detto che la ridondanza nella rappresentazione potrebbe, in effetti, anche essere stata utilizzata con l’intento di aggiungere informazioni supplementari ai numeri, ossia potrebbe essere stato assegnato un significato diverso ad ogni granello anche nella stessa casella, significato non solo quantitativo, nel senso della cardinalità, ma anche legato ai fenomeni naturali. Non dimentichiamo che la struttura dell’abaco è intimamente connessa (con la serie di Fibonacci) con la struttura numerica di tali fenomeni.

Yupana in versione moderna realizzata in legno

Insieme alla ridondanza, l’altro principio che rende la matematica inca estremamente efficace è quello della somiglianza: potendo scrivere due numeri in più modi differenti (effetto della ridondanza), e sfruttando, poi, la somiglianza delle cifre ottenute, coinvolte nelle operazioni, è possibile semplificare notevolmente i calcoli. Chiariamo quanto detto con degli esempi.
In riferimento alla sottrazione, ad esempio, dal momento che possiamo scrivere uno stesso numero in più modi differenti, se scriviamo il minuendo in una forma che contenga lo stesso sottraendo al fine di “privare” proprio il sottraendo dal minuendo, otteniamo semplicemente il risultato per definizione. Supponiamo di effettuare la sottrazione (15 – 6) in figura:
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Fig.12

Sfruttando la possibilità di scrivere il numero 15 in diversi modi, scegliamo quello che “contiene il numero 6 scritto nella stessa forma assegnata (in realtà possiamo, se necessario, modificare anche il sottraendo per maggiore flessibilità)”. L’operazione allora viene visualizzata come in figura 18 nella quale 2 cinquine del numero 15 sono sostituite da due terne e da due coppie. Una ellisse rossa circoscrive il sottraendo contenuto nel minuendo in modo da rendere corretta la sottrazione. “Ciò che resta” è, in sostanza, il minuendo privato del sottraendo, ossia il risultato 9. L’eccezionale valore del metodo si identifica nella possibilità di operare mediante la definizione invece che con l’uso della regola.
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Fig.13

Sarà facilissimo insegnare a chiunque, anche un bambino, a eseguire correttamente l’operazione.
Proseguendo con la sottrazione, in caso di sottraendo maggiore del minuendo, cioè di risultato negativo, si fanno somigliare i due numeri ed il risultato è uguale esattamente al valore dei semi che mancano al minuendo per essere uguale al sottraendo, ovviamente con il segno negativo. La figura 14 descrive questo caso per l’operazione 9-16 (è stata omessa, per semplicità, la fase di somiglianza). Le ellissi rosse racchiudono i semi resi uguali e i cerchi blu i semi (di colore giallo) “prestati” al minuendo per ottenere l’uguaglianza visiva e corrispondenti quindi al risultato negativo (evidenziato in basso con i semi di colore giallo).
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Fig.14
Questi metodi sono sicuramente intuitivi e conducono velocemente al risultato.
Messa a punto la sottrazione si potrebbe pensare di implementare la divisione con il metodo delle sottrazioni successive, ma è conveniente sfruttare ancora la ridondanza tramite la somiglianza. In primo luogo si rende il dividendo simile al divisore (o si modificano entrambi) in modo da massimizzare la somiglianza, si ottiene così il quoziente che è uguale al numero di volte che il divisore entra nel dividendo. Si tolgono infine tutti i semi del punto precedente ottenendo direttamente il resto della divisione. Questa non è altro che la definizione della divisione, ma nell’abaco inca si riesce a visualizzare proprio il concetto stesso di quoziente e di resto. In un utile esempio, le figure seguenti mostrano la divisione tra i numeri 45 e 19 che inizialmente sono scritti come nella figura 20. Ora le righe hanno effettivamente corrispondenza con l’esponente nella base 40 dato che un numero è maggiore di 39:
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Fig.15

Attenendoci alla somiglianza si perviene alla situazione di figura 21. Il numero 45 (40+5) deve essere reso il più possibile simile al 19 invadendo le sue stesse caselle. Il seme di peso 401 viene tramutato in 39+1 e, dato che la massima capacità di una riga è uguale a 39, occorre riempire tutta la riga di peso 400 in senso canonico (5 cinquine, 3 terne, 2 coppie e una unità) e aggiungere una unità anche se deve essere superata la capacità massima delle caselle, in ogni caso sarà la normalizzazione a sistemare il risultato. Il 45 è scritto ora con 6 semi nelle cinquine (1 originario più 5 provenienti dal “trasloco” del 40), 3 terne, 2 coppie e 2 unità tutte provenienti dalla traslazione citata. Per maggiore chiarezza, nella figura 21 il dividendo ha i semi significativi di colore giallo, mentre il divisore di colore rosso. Contando ora il numero di volte che il divisore entra nel dividendo si ha il quoziente; le ellissi rosse evidenziano questa situazione dalla quale si ricava che il quoziente è 2. Scritto il quoziente, possono essere eliminati tutti i semi racchiusi nelle ellissi rosse e ciò che rimane non può che essere il resto della divisione (nella figura circoscritto da una ellisse di colore blu).
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Fig.16
Infatti sono rimaste fuori dalle ellissi rosse 2 coppie e 1 terna sempre di peso 400 per cui il resto vale 7 come deve essere dal momento che 45 diviso 19 fa 2 col resto di 7. Volendo procedere con le cifre dopo la virgola, si continua la divisione passando il resto alla riga superiore. Il quoziente della divisione successiva si riferisce alla riga di peso 40-1; si continua così fino alla precisione voluta tenendo presente che i risultati ottenuti sono ovviamente in base 40 e che quindi il valore delle cifre quarantesimali tende molto rapidamente a essere trascurabile. Come si vede dalla figura 16, per applicare la somiglianza occorre talvolta superare la capacità massima delle caselle fermo restando la normalizzazione del risultato.
Nella divisione, come nella moltiplicazione, si può operare con le righe assolute considerando a parte l’esponente. In questo modo anche calcoli con numeri enormi risultano notevolmente semplificati. Nella divisione in particolare l’applicazione della proprietà distributiva permette ulteriori riduzioni di complessità. Negli esempi precedenti dividendo e divisore sono stati separati per chiarezza in abachi differenti, ma nelle operazioni manuali sperimentali l’uso di semi di colore diverso permette con un solo abaco di eseguire agevolmente tutte le operazioni sino al risultato finale. Applicando la somiglianza si semplificano talmente i calcoli che il rischio di commettere errori è praticamente nullo.


13.457 = 2x2x40°+3x40°+5x2x40°+3x2x40¹+5x2x40¹+1x40²+2x40²+5x40²
  
L’Abaco Inca si presenta come una realtà numerica straordinariamente diversa dal sistema decimale basato sulla fisiologica e istintiva possibilità di disporre di 10 dita per far di conto. Non deve sorprendere, perciò, se, per più di 400 anni dal primo contatto, la nostra civiltà ha interpretato l’Abaco Inca in base 10 nonostante evidenti incongruenze incompatibili con una simile asserzione (la presenza di 11 semi nella struttura elementare dell’abaco è in netto contrasto con tale assunzione).
E’ immediato intuire che la base 40 non sia adeguata alle naturali tendenze numeriche dell’uomo atavicamente portato a ragionare con il pratico ausilio del suo “abaco” nativo a 10 dita. Proprio questa caratteristica fisiologica ha prodotto una sorta di sottinteso postulato numerico istintivo secondo il quale uno strumento di calcolo dovrebbe inevitabilmente operare in base 10. Ci si è perciò domandati quali fossero le motivazioni per le quali gli inca erano stati indotti ad utilizzare un sistema di numerazione marcatamente “non fisiologico” per eseguire i conti.
Alla luce delle considerazioni fatte nei paragrafi precedenti, però, sui motivi per i quali gli Inca hanno utilizzato la yupana, come strumento di calcolo, con una base diversa da quella decimale, si può concretamente supporre che quella civiltà abbia fatto una scelta precisa e ragionata, giustificata dall’esistenza di concreti vantaggi in sede computazionale. Gli Inca, cioè, ricorsero a questo particolare sistema di numerazione ridondante e intrinsecamente “somigliante” proprio perché in questo modo ottennero uno strumento di calcolo il più possibile semplice, preciso e infallibile. Fu perciò una scelta di pura convenienza operativa, giustificata dai vantaggi dell’uso di questo sistema, in apparenza complesso e illogico, ma nei fatti capace di semplificare in misura incredibile tutte le operazioni aritmetiche.
I risultati dei calcoli, invece, erano memorizzati nei quipus, in base decimale, secondo una evidente esigenza di praticità “fisiologica”. 


Steve Jobs così lo definiva: Yupana + Quipu = Tablet Inca

Come si legge qui, nel 2008 Cinzia Florio propose un approccio alternativo all'interpretazione di De Pascale che per la prima volta si discosta dal sistema di numerazione posizionale, adottando quello additivo.
Basandosi esclusivamente sul disegno di Poma de Ayala, l'autrice spiega la disposizione dei cerchi bianchi e neri e interpreta l'uso dell'abaco come una tavola moltiplicatrice². 
A gennaio 2014, lo scrittore e professore universitario Subhash-Kak ha pubblicato una propria teoria sulla Yupana di Poma de Ayala, basata su un sistema di numerazione posizionale, non uniforme, in base 144.
Questa teoria lascia forse spazio a numerose critiche (tra cui quella della stessa Cinzia Florio), anche se resta interessante l'approccio matematico utilizzato dall'autore per definire la progressione dei valori delle caselle sulla yupana.
Voglio allegare quindi un link per poter scaricare un semplice programma Tk-Yupana scritto in tcl/tk che emula il funzionamento dell'abaco incaico secondo le  7 più accreditate teorie e che il 24 Aprile 2013, è stato usato proprio da Cinzia Florio per presentare la propria teoria sulla Yupana alla V Edizione del Premio Leonardo indetto dalla Associazione Croce del Sud.


Tk-Yupana - Teoria di C. Florio 


Concludendo forse dobbiamo dire che l'interpretazione della "strana" matematica degli Incas non è  giunta alla fine e costituisce ancora un vero mistero?
E che dire dell'affascinante utilizzo di corde e nodi dei loro quipus, quel complesso sistema di cordicelle e nodi legate ad una corda centrale? 
Ancora oggi i quipus non sono stati del tutto decifrati ma c’è chi, come l’antropologo Gary Urton, crede che i quipus siano un vero e proprio sistema di comunicazione a base binaria, in grado di archiviare informazioni, gestire calcoli complessi e memorizzare anche testi letterari.
Quindi, i quipus degli Incas rappresenterebbero un sistema di scrittura e di comunicazione tridimensionale, costituito di corde, nodi e colori assemblati secondo un codice ben prestabilito, ma ancora da decrifrare.
E possiamo chiederci: nel tecnopassato i nodi delle corde sono stati l’equivalente del bit dei nostri computer?


Note
¹ Struttura del sistema di calcolo delle yupane dal sito di Nicolino De Pasquale
² Si legga anche un articolo di Cinzia Florio "Recuperare la memoria: la llave inca come yanantin"

Fonti
From the book
Nueva Corónica y Buen Gobierno - Felipe Guaman Poma de Ayala
http://www.kb.dk/permalink/2006/poma/info/es/frontpage.htm
Quipu, il nodo parlante dei misteriosi Incas - Clara Miccinelli
From website
Nicolino De Pasquale - http://www.quipus.it/home.htm
A calendar Quipu of the early 17th century and its relationship with the Inca astronomy
Laura Laurencich Minelli - Dipartimento di Paleografia e Medievistica, Università di Bologna 
Giulio Magli - Dipartimento di Matematica del Politecnico di Milano 
http://arxiv.org/ftp/arxiv/papers/0801/0801.1577.pdf
http://amsacta.unibo.it/2350/5/Introduzione.pdf
La vera storia degli Incas
https://sites.google.com/site/americalascoperta/alcuni-misteri
https://it.wikipedia.org
From the pictures
http://www.quipus.it
https://it.wikipedia.org



El Tango di Jorge Luis Borges

Il silenzioso omaggio a Jorge Luis Borges, uno tra i più grandi poeti e scrittori del 900, de Il Coniglio Mannaro (Spartaco Mencaroni) nel racconto che partecipa al Carnevale della Matematica numero 82, mi ha ricordato una straordinaria poesia di J.L.B., "El Tango" ("Il Tango")
Al testo originale¹ e alla traduzione segue un video della poesia letta da Diego De Nadai, con le immagini di Angela Tramaloni e con il sublime sottofondo musicale di "Oblivion" di Astor Piazzolla.



Un incontro quello tra Jorge Luis Borges e Astor Piazzolla, avvenuto negli anni sessanta, quasi a compimento naturale ed inevitabile di due percorsi, iniziati in tempi e modalità diversi, ma sotto la comune insegna di quel sortilegio chiamato tango, che Borges considerava la realizzazione argentina che meglio ha divulgato il nome del suo paese nel mondo.

El tango

¿Dónde estarán?, pregunta la elegía
de quienes ya no son, como si hubiera
una región en que el Ayer pudiera
ser el Hoy, el Aún y el Todavía.
¿Dónde estará (repito) el malevaje
que fundó, en polvorientos callejones
de tierra o en perdidas poblaciones,
la secta del cuchillo y del coraje?
¿Dónde estarán aquellos que pasaron,
dejando a la epopeya un episodio,
una fábula al tiempo, y que sin odio,
lucro o pasión de amor se acuchillaron?
Los busco en su leyenda, en la postrera
brasa que, a modo de una vaga rosa,
guarda algo de esa chusma valerosa
de los Corrales y de Balvanera.
¿Qué oscuros callejones o qué yermo
del otro mundo habitará la dura
sombra de aquel que era una sombra oscura,
Muraña, ese cuchillo de Palermo?
¿Y ese Iberra fatal (de quien los santos
se apiaden) que en un puente de la vía,
mató a su hermano el Ñato, que debía
más muertes que él, y así igualó los tantos?
Una mitología de puñales
lentamente se anula en el olvido;
una canción de gesta se ha perdido
en sórdidas noticias policiales.
Hay otra brasa, otra candente rosa
de la ceniza que los guarda enteros;
ahí están los soberbios cuchilleros
y el peso de la daga silenciosa.
Aunque la daga hostil o esa otra daga,
el tiempo, los perdieron en el fango,
hoy, más allá del tiempo y de la aciaga
muerte, esos muertos viven en el tango.
En la música están, en el cordaje
de la terca guitarra trabajosa,
que trama en la milonga venturosa
la fiesta y la inocencia del coraje.
Gira en el hueco la amarilla rueda
de caballos y leones, y oigo el eco
de esos tangos de Arolas y de Greco
que yo he visto bailar en la vereda,
en un instante que hoy emerge aislado,
sin antes ni después, contra el olvido,
y que tiene el sabor de lo perdido,
de lo perdido y lo recuperado.
En los acordes hay antiguas cosas:
el otro patio y la entrevista parra.
(Detrás de las paredes recelosas
el Sur guarda un puñal y una guitarra.)
Esa ráfaga, el tango, esa diablura,
los atareados años desafía;
hecho de polvo y tiempo, el hombre dura
menos que la liviana melodía,
que sólo es tiempo. El tango crea un turbio
pasado irreal que de algún modo es cierto,
un recuerdo imposible de haber muerto
peleando, en una esquina del suburbio.
(Jorge Luis Borges)

Il tango

Dove saranno? Chiede la elegia
di chi non e’ piu’, come se fosse
uno spazio in cui lo Ieri potesse
esser l’Oggi, l’Anche e il Tuttavia.
Dove sara’ (ripeto) la masnada
che fondo’, in polverose strade
sterrate o in sperdute contrade,
la setta del coltello e del coraggio?
Dove saranno quelli che passarono
lasciando all’epica un episodio,
un mito al tempo, e che senza odio,
lucro o passione d’amore si accoltellarono?
Li cerco nella leggenda, nell’ultima
brace che, come una incerta rosa,
custodisce qualcosa di quella plebe valorosa
dei Corrales e di Balvanera.
Quali oscuri vicoli o quale ermo
dell’altro mondo abitera’ la dura
ombra di quella che era una ombra oscura,
Muraña, quel coltello di Palermo?
E quel terribile Iberra (di cui i santi
si impietosiscono) che in un ponte della via
uccise suo fratello il Ñato, che dovea
piu’ morti di lui, e cosi’ uguaglio’ i tanti’?
Una mitologia di pugnali
lentamente si annulla dimenticata;
una canzone di gesta s’e’ perduta
in sordide notizie criminali.
C’e’ altra brace, altra incandescente rosa
nella cenere che li serba interi;
la’ stanno in superbi accoltellatori
e il peso della spada silenziosa.
Benche’ la spada ostile o quell’altra spada,
il tempo, li persero nel fango,
oggi, piu’ in la’ del tempo e della sciagurata
morte, quei morti vivono nel tango.
Nella musica dimorano, nell’arpeggio
dell’indomabile chitarra laboriosa
che intreccia nella milonga gioiosa
la festa e l’innocenza e del coraggio.
Gira nel vuoto la gialla ruota
di cavalli e leoni, e odo l’eco
di quei tanghi di Arolas e di Greco
che ho visto ballare sulla strada,
in un istante che oggi emerge isolato,
senza ne’ prima ne’ dopo, mai dimenticato,
e che ha il sapore del perduto,
del perduto e del recuperato.
Negli accordi ci sono antiche cose:
l’altro cortile e la nascosta orditura.
(Dietro le pareti sospettose
il Sud custodisce un pugnale e una chitarra.)
Quella raffica, il tango, quella diavoleria,
gli anni affannati sfida;
fatto di polvere e tempo, l’uomo dura
meno della leggera melodia,
che solo e’ tempo. Il tango crea un buio
passato irreale che in qualche modo e’ certo,
un ricordo che non può esser distrutto
lottando, in un cantone del suburbio.
(Jorge Luis Borges)



video della poesia "Il Tango" letta da Diego De Nadai


Note
¹testo e traduzione tratti da http://www.ilnarratore.com


Ci sono i Numeri dell'Amore?

Un amico, anche lui appassionato matematico, stamani mi ha chiesto "Ma non ci sono Numeri dell'Amore?"





Dei Numeri Felici ne avevo già parlato in un precedente articolo "Doctor Who e i numeri felici" e fin dai tempi di Pitagora si parlava di Numeri Amici e i Pitagorici attribuivano loro un valore mistico.
Si dice infatti che un giorno chiesero a Pitagora: "Chi è un amico?" egli rispose: "Colui che è l'altro me stesso" e portò come esempio i numeri 220 e 284. 



Li definì quindi Numeri Amici perché ciascuno di essi è uguale alla somma dei divisori propri dell'altro.
Ricordando che un divisore proprio di un numero è un divisore minore del numero stesso, scopriamo che i divisori di 220 sono 1,2,4,5,10,11,20,22,44,55,110 che hanno per somma 284
        1 + 2 + 4 + 5 + 10 + 11 + 20 + 22 + 44 + 55 + 110 = 284
E che, viceversa, i divisori di 284 sono 1,2,4,71,142 ed hanno per somma 220
       1 + 2 + 4 +71 + 142 = 220
Inoltre i numeri 200 e 284 sono la più piccola coppia di numeri amici.




Poi ho scoperto che nel IX secolo, il matematico arabo Thābit b. Qurra al-Ḥarrānī al-Ṣābiʾ (826-901) trovò un metodo per definire alcune coppie di numeri amici.




fissato n intero positivo, se i numeri:
p = 3 2n-1 - 1
q = 3 2n - 1
r = 9 22n-1 - 1
sono tre primi dispari, allora la coppia (2npq,2nr) è una coppia di numeri amicabili

E' pur vero però che non tutte le coppie di Numeri Amici si ottengono con queste formule e ne è un esempio la coppia 1184 e 1210.
Nella matematica occidentale vari celebri studiosi hanno ricercato coppie di Amici:
Fermat nel 1636 annunciò di avere trovato la coppia 17296 e 18416, che però era sicuramente nota all'arabo Ibn al-Banna de Marrakech (1256-1321), e probabilmente anche al già citato Thābit ibn Qurra, poiché si ottiene dalla sua formula per n = 4.
Cartesio trovò la coppia di Amici 9363584 e 9437056, che si ottiene dalla solita formula per n=7.
Eulero pubblicò nel 1750 una lista comprendente 60 coppie di Numeri Amicabili, ignorando curiosamente la seconda in ordine di grandezza (1184 e 1210), che venne poi scoperta nel 1866 da Niccolò Paganini, un giovane studente di 16 anni omonimo del famoso violinista.

E che dire dei Numeri Socievoli?
Un gruppo di Numeri Socievoli è un insieme di numeri in cui ogni numero è amicabile del numero posto accanto ad esso, ed il primo è amicabile dell'ultimo,  in modo che i numeri formino una sorta di "catena ciclica". 
Nel 1918, il matematico Paul Poulet scoprì il gruppo di numeri socievoli 12.496, 14.288, 15.472, 14.536, 14.264
Se sommiamo i divisori propri di 14.264, otteniamo 1 + 2 + 4 + 8 + 1.783 + 3.566 + 7.132 = 12.496, ovvero il numero che nell'ordine del gruppo viene subito dopo di lui, quindi 14.264 è amicabile di 12.496; il ciclo si ripete nello stesso modo per tutti i numeri. La più lunga catena di numeri socievoli conosciuta è stata scoperta da Ren Yuanhua, e conta 54 numeri.




Ma si parla anche di Numeri Fidanzati cioè di quei numeri tali in cui la somma dei divisori propri (ma escluso l'1) di uno dà come risultato l'altro, e viceversa. 
Le coppie di Numeri Amici e le catene di Numeri Socievoli sono sempre o tutti pari o tutti dispari. 
Si può osservare, invece, che due Numeri Fidanzati sono sempre uno pari e l'altro dispari. Infatti, Pitagora distinse i numeri pari come femminili e i numeri dispari come maschili. 
La prima coppia di numeri fidanzati, detti anche "promessi sposi", è 48 e 75.
Infatti, i divisori di 48 sono 2, 3, 4, 6, 8, 12, 16, 24 e la loro somma è 75, viceversa i divisori di 75 sono 3, 5, 15, 25 e la loro somma è 48.

Per trovare invece i Numeri dell'Amore dobbiamo uscire dalla visione matematica ed entrare in quella esoterica.
E qui non si pretende certo di definire verità dimostrabili ma di sfruttare, secondo criteri assolutamente indimostrabili e soggettivi, la costanza dei numeri come dato rassicurante nel regno fluttuante dell'amore¹.




Ecco come trovare il Numero dell'Amore che ci interessa o meglio che interessa a una coppia di innamorati:
vanno sommate le cifre della data di nascita di entrambi i partners. 
In genere la cifra ottenuta sarà sempre compresa fra l'1 e il 9, fatta eccezione per i numeri 11, 22 e 33 (anche se il perché non mi è noto, in Numerologia si dicono Numeri Maestri l’11, 22, 33 e Numeri Karmici il 13, 14, 16, 19).

Ma facciamo un esempio:
data di nascita il 6/8/1964 
addizionate 6+8+1+9+6+4 = 34, addizionate quindi 3+4 = 7. 
data di nascita il 18/10/1972 
addizionate 1+8+1+0+1+9+7+2 = 29, addizionate quindi 2+9 = 11.
Sommate i risultati ottenuti 7+11 = 18 e quindi 1+8 = 9

Questo sarà il Numero dell'Amore che indicherà come vivete il rapporto di coppia, che cosa vi aspettate e che cosa temete l'uno dall'altro.
Sarà vero? 
Sarà comunque un gioco divertente da fare a San Valentino....no?




Numero 1 = Amici  e passione
Coppia attiva e dinamica nella quale nessuno dei due partner intende sacrificare il proprio modo d'essere per far piacere all'altro e, quando è necessario, manifesta il proprio disaccordo scaricando subito le tensioni. La coppia coltiva degli hobby, allaccia nuove amicizie si apre a nuove conoscenze. La passione fisica è intensa, vibrante ed  entusiasta, condita da robuste dosi di gelosia, ma raramente si cede alla tenerezza. Il rischio è che l'eccessiva ambizione spinga entrambi ad investire molte energie nella carriera,  pur di raggiungere i traguardi prefissi. E il rapporto di coppia, ovviamente ne soffre.


  Numero 2 = Quel che conta è l'ascolto 
Legame sereno e costruttivo, pieno di tenerezza e fantasie romantiche. Il desiderio di avere qualcuno da amare si accompagna al piacere di essere riamati. Ciascun partner è sensibile  alle esigenze dell'altro e può offendersi quando sembra di non essere stato ascoltato con attenzione oppure si sente incompreso. Il segreto per superare questi momenti sta nel non nascondere il proprio malumore dietro una facciata d' indifferenza preferendo una bella discussione a una pericolosa ipocrisia. L' estrema vulnerabilità motiva genera crisi affettive dove ognuno si rinchiude nel proprio guscio e tiene il compagno a distanza.  


Numero 3 = Niente obblighi
Siete un fiume in piena di simpatia e di dinamismo. Tra di voi c’è la collaborazione, complicità, amicizia e molto dialogo. Amate la vita all'aria aperta, sapete divertirvi, e mettete continuamente alla prova la vostra capacità di seduzione nei confronti dell'altro, attraverso complimenti, doppi sensi o un reciproco scambio di battute. A volte l'atteggiamento adolescenziale fa dubitare gli altri circa l' intensità del vostro rapporto, ma la verità è che non siete portati per atmosfere intriganti fatte di sguardi, silenzi e gesti del corpo. Detestate possessività e gelosia, gli obblighi e le responsabilità. 
Mantenere la libertà individuale è una condizione molto importante, a cui non rinuncereste per niente al mondo.  


Numero 4 = Fedeltà e figli
Quando vi siete conosciuti, avete subito scoperto di vibrare sulla stessa lunghezza d’onda: entrambi eravate alla ricerca di un legame solido e duraturo, possibilmente consacrato dal matrimonio, insieme alla fedeltà al bisogno di realizzarsi attraverso i figli. Sapete di appartenervi a vicenda e vi impegnate giorno dopo giorno per rafforzare il vostro rapporto, perché attribuite un gran valore alla coppia. La sicurezza economica e il lato materiale hanno inoltre una certa importanza. Sessualità e cibo formano per voi un binomio irrinunciabile mentre la casa è il nido in cui vi rifugiate dal caos del mondo esterno.


Numero 5 = Abbasso la routine
Siete coraggiosi, audaci e combattivi, curiosi e disponibili verso le nuove conoscenze, i giochi, i divertimenti e le emozioni forti. Vi amate con slancio e la passione ha spesso la meglio sul romanticismo, con il rischio di cadere in probabili eccessi nella scoperta dei mille continenti dell'eros. La vostra personalità è inquieta e avventurosa, vi  spinge a viaggiare a muovervi a sperimentare per arricchire il vostro bagaglio interiore. Routine e ripetitività non vi si addicono, meno che meno i bigottismi che ostacolano la vostra libertà d'azione. Amicizia e lealtà reciproca, però, sono fondamentali.



Numero 6 = L'importante e l'amore
Il vostro obiettivo è stare insieme in totale armonia, al riparo da liti, corna e ripicche. All'altro chiedete serenità, tranquillità, sicurezza e possibilità di contare su di lui, creando un'intesa profonda che va al di là della tensione erotica, dell'attrazione e del desiderio che comunque hanno dei limiti. Vi piace la famiglia e se ancora non l'avete desiderate costruirvene una, perché siete dei sentimentali e idealisti. Di solito non nutrite delle grosse ambizioni  perché non avete bisogno di ricevere consensi per sentirvi gratificati. Solo l'amore ha davvero importanza nella vostra vita, e in suo nome siete disposti a compiere parecchi sacrifici.



Numero 7 = Affinità mentale
Forse la vostra storia è cresciuta poco a poco, alimentata dall'amicizia e dalle affinità intellettuali per esplodere nel momento in cui era matura. Questo perché siete entrambi convinti che l'eros non sia solo appagamento dei sensi, ma un legame in grado di coinvolgere corpo, cuore, anima e mente. Tendete a dare poco spazio allo svago e al divertimento, ai locali affollati preferite luoghi mistici. Una libera scelta personale che sgorga direttamente  dal cuore. Per il vostro benessere esteriore e interiore, seguite la meditazione snobbando palestra e sport.



 Numero 8 = Il successo non guasta
Definirvi una coppia tutta pepe, fuoco e immaginazione, non è poi così azzardato. Vi piace giocare agli amanti e innamorati, siete generosi, passionali, ma peccate di eccessivo orgoglio e ciò può causare delle incomprensioni all'interno del vostro ménage. Un altro difetto è la tendenza a voler dominare l'altro, se si rifiuta di sottomettersi apriti cielo. Il partner è quasi sempre una persona di successo, in alto nella scala sociale perché siete troppo sensibili al carisma, alla ricchezza e al potere. Se non riuscite a brillare di luce vostra, c'è da giurarci che fate di tutto per brillare di luce riflessa.



Numero 9 = Senza parole
Moderati e tranquilli, sapete immedesimarvi nel partner, gioiendo delle sue stesse gioie e soffrendo i suoi dolori. La vostra comunicazione emotiva trascende le parole, al punto che 
indovinate i desideri dell' altro e li esaudite ancora prima che lui apra bocca. Siete filosofi per natura e avidi di cultura, avete una mentalità aperta e vi piace considerarvi cittadini del mondo. Talvolta fra voi e il partner può esserci un divario di età o di razza, questo però         non vi crea  problemi, perché amate infrangere i pregiudizi. L'unico ostacolo è la vostra eccessiva sensibilità che può ritorcersi contro di voi come un boomerang.




Numero 11 = Uniti contro il destino
Il vostro è un rapporto esclusivo, dove prevale un'assoluta sintonia d'interessi e di vedute. Avete raggiunto lo stesso punto di evoluzione e anche se venite da luoghi e situazioni diversi e coltivate le stesse passioni. Siete due personalità armoniose e complete, capaci di rispettare i confini invisibili che segnano e difendono la libertà di ognuno. La grande forza fisica e morale, che vi permette di reagire in modo costruttivo davanti agli improvvisi cambiamenti di rotta che vi pone il destino. Nutrite il desiderio di elevare la vostra coscienza con l'insegnamento o il comportamento, sfruttando il vostro estro e la vostra creatività.




Numero 22 = Insieme per far
Al piacere e alla passione privilegiate un legame saldo, fatto anche di amicizia e di reciproca appartenenza. Vi piace ridere e scherzare insieme, con tenerezza e complicità, ma più che alle carezza e audaci pensate a portare avanti progetti sia spirituali che materiali. Approfondire la conoscenza interiore tenendo la calma e l' equilibrio resta uno dei vostri principali obiettivi a discapito della costruzione di una famiglia. Il cambio dei pannolini e le poppate non fanno proprio per voi.



 Numero 33 = Utili agli altri
Sono poche le coppie influenzate dalla vibrazione di questo numero Maestro, che richiama la simbologia del n° 6 nella sua dimensione più evoluta. Potreste avere un aspetto fisico molto gradevole, caratterizzato da una certa eleganza nei movimenti o una perfetta coordinazione. Liberi di spirito e nemici delle consuetudini, spesso siete dotati di una consapevolezza illuminata che colpisce chiunque v'avvicini. Per voi l'amore universale ha molta più  importanza di quello fisico: perché cercate sempre di rendervi utili al prossimo, magari attingendo alla vostra sensitività o alla capacità di guarire imponendo le mani.



¹significato esoterico dei Numeri dell'Amore dal sito Digilander 




          

Io parlo Tango

Imparare a ballare tango è come imparare a parlare una nuova lingua. 
In un primo momento, sembra impossibilepronunciareanchequalche parolainun contestologico osemplicemente esprimersi. E’ come trovarsi improvvisamente in un paese sconosciuto. 
Più si pratica e più cresce il nostro vocabolario. Le “parole” diventano più facili da ricordare e i movimenti del tango diventano più chiari e coerenti. Fino a cominciare a capire il compagno/a. 




E’ più facile a volte imparare una nuova lingua, con una “full immersion” circondandoti di persone non  madrelingua. Ed è qui che incontriamo il primo problema: impariamo il tango con un compagno/a che è così analfabeta tanto quanto noi.
Questo mi ricorda un corso di Italiano che avevo fatto una volta a Modena. Alunni dalla Germania, insieme ad un americano e ad un giapponese seduti per cercare di comunicare in italiano. Il nostro insegnante cercava di correggere la pronuncia e i nostri errori come poteva, ma purtroppo ascoltavo un “italiano” pessimo. 
Se non avessi già vissuto con una famiglia italiana per un certo periodo, e non avessi affrontato ogni tipo di conversazione, non sarei stato in grado di parlare correttamente, come feci due settimane dopo. 
Nel mondo del tango, quello di iniziare qualsiasi tipo di comunicazione con un nativo, si realizza andando di Milonga in Milonga cercando di ballare con sconosciuti “madrelingua” di differenti livelli. Purtroppo i “madrelingua” non ballano volentieri con i principianti, perché sostengono che le “conversazioni” sono troppo rudimentali. 
Sono molto felice quando incontro ballerini esperti, mezzi avventurieri, che non hanno problemi nell’invitarmi, anche se sono una principiante e mi permettono di vivere intense comunicazioni tanguere


El Tango Argentino - Acrilico di Pietro Paciotti

Ritornando all’Italiano: la cosa buona di quel corso di lingua, era che eravamo un gruppo di allievi che cercavano di comunicare tra di loro. Non solamente di comunicare in due. Quando si sta imparando tango è normale che si balli sempre con la stessa persona. Questo permette alla coppia di sviluppare un linguaggio tanguero¹ molto particolare, che possono capire solo loro. 
Il concetto forse si può confrontare con una madre che inventa parole balbettando con suo figlio, creando così una propria lingua. Quando però questo ragazzino andrà all’asilo, avrà molte difficoltà a comunicare con bambini ed adulti, e la madre dovrà “tradurre”. 
Conosco coppie che ballano a memoria, sicuramente si divertono a ballare insieme, ma non sono in grado di ballare con un altro partner. Questo è un peccato. Perché? Semplicemente perché il tango è un linguaggio internazionale! 
Si balla in qualsiasi parte del mondo, magari con ”accenti” locali, però comunque un tanguero francese può comunicare con una tanguera giapponese senza scambiare una parola. Se non è magia questa!
Continuerò felicemente a imparare il vocabolario di questa meravigliosa lingua e non vedo l'ora di fare nuove conversazioni, lunghe o corte, con neofiti o madrelingua!

Traduzione di Vittorio Bonini Nepoti dell'articolo Yo Hablo Tango

note
¹linguaggio tanguero vedi anche "Dialogo sul Tango"


Gli Ig Nobel, i premi incredibili che fanno pensare

Il prossimo Carnevale della Matematica, l'83° ospitato da Gianluigi Filippellicoinciderà con la celebrazione del Pi Day.
Il Pi Day si celebra infatti, il 14 marzo (3/14) in tutto il mondo e quest'anno sarà davvero "epico" in quanto nella data (in formato anglosassone) non coincidono solo le cifre 3.14 ma anche 3.14.15 e se aggiungiamo un orario prestabilito 9:26:53 otterremo il nostro "π" con ben 9 cifre decimali esatte 3,141592653.....
Qui non voglio parlare del Pi¹ (lettera greca "π"), simbolo usato in matematica per rappresentare il rapporto costante tra la circonferenza di un cerchio e il suo diametro, ossia 3,141592653.......con mille miliardi di cifre oltre il suo punto decimale, ma di una foto trovata e di quello che poi ha stimolato la mia curiosità.




Cercando tra le immagini di Google che ricordassero il "π" ne ho trovata una che, oltre a mettermi immediatamente i "brividi", ha stimolato, come dicevo, la mia curiosità.
Questa immagine è infatti legata a un Ig Nobel, ACUSTICA, 2006 assegnato a D. Lynn Halpern (of Harvard Vanguard Medical Associates, and Brandeis University, and Northwestern University), Randolph Blake (of Vanderbilt University and Northwestern University) e James Hillenbrand (of Western Michigan University and Northwestern University) per aver cercato di rispondere ad una domanda fondamentale "perché si prova fastidio per il suono delle unghie sulla lavagna?"
I ricercatori avevano infatti svolto esperimenti (ben documentati scientificamente) per capire perché alla gente desse fastidio il suono delle unghie che raschiano su una lavagna "Psychoacoustics of a chilling sound

Da qui ho incominciato a curiosare sul "mondo" degli Ig Nobel, soprattutto di quelli matematici, fisici o economici.
Infatti, a volte anche se non spessissimo, è stato assegnato anche il premio Ig Nobel per la Matematica che, come si sa, manca invece tra le discipline del prestigioso premio svedese².
I Premi Ig Nobel hanno una storia più recente, sono stati istituiti infatti nel 1991 da Marc Abrahams, editore della rivista "Annals of Improbable Research", allo scopo di "premiare studi e ricerche che prima hanno fatto ridere e poi pensare". 
I vincitori sono solitamente scienziati, in molti casi più che accreditati, che hanno svolto studi che hanno suscitato ilarità e che hanno riscontrato dubbio interesse accademico. Quindi è facile immaginare come la storia degli Ig Nobel sia piena di premi assegnati a ricerche assolutamente incredibili. 
E'stata anche pubblicata un'ideale e simpatica Top Ten dei più assurdi studi "premiati" sul palco del Sanders Theatre di Harvard a Boston, il prestigioso luogo dove appunto gli Ig Nobel vengono assegnati ogni anno.
I premi sono a volte velate critiche (o dolce satira ), ma sono utilizzati anche per sottolineare come le più assurde ricerche possano produrre conoscenze utili. 
Va sottolineato quindi che questa istituzione non debba essere considerata solo "stupida", in quanto vede anche la partecipazione, ogni anno come premiatori, di diversi premi Nobel, e la vittoria, in almeno un caso per ora, del più prestigioso premio dell'accademia reale svedese delle Scienze a uno studioso, il fisico russo Andrej Gejm, Nobel per la fisica nel 2010 (per i pionieristici esperimenti riguardanti il grafeneprecedentemente decorato, nel 2000, con l'Ig Nobel (per le ricerche sulla levitazione diamagnetica, che ha dato luogo alla famosa dimostrazione della rana volante). 


Levitazione di una rana viva nel campo magnetico generato da un solenoide di Bitter, all'High Field Magnet Laboratory di Nimega 
(Premio Ig Nobel per la fisica 2000 a Andrej Gejm)

Inoltre, come ricordavo, la cerimonia di premiazione si svolge all'Università di Harvard, gremita per l'occasione non solo di curiosi ma anche di scienziati provenienti da tutto il mondo. 
Ma torniamo alle curiosità scaturite dalla foto sulla lavagna, agli Ig Nobel più incredibili e a quelli matematici.
Ecco la simpatica Top Ten stilata da International Business Times (tecnologia)

10 - MATEMATICA, 1993 Allo statunitense Robert W. Faid, per aver calcolato con rigorosi metodi matematici "le probabilità che Mikhail Gorbaciov fosse l'Anticristo: esattamente una su 710.609.175.188.282.000."

9 - SALUTE PUBBLICA, 1995 Alla norvegese Martha Kold Bakkevig ed alla danese Ruth Nielsen, per aver analizzato "L'impatto della biancheria intima bagnata sulle risposte termoregolatorie ed il comfort termico nel freddo".

8 - LETTERATURA, 1993 Ad uno "studio medico di 10 pagine" (bibliografia inclusa), la cui stesura ha richiesto la partecipazione di 977 autori da 15 paesi. Il loro elenco occupa più due pagine.

7 - ACUSTICA, 2006 A Lynn Halpern, Randolph Blake e James Hillenbrand per aver cercato di rispondere ad una domanda fondamentale: "perché si prova fastidio per il suono delle unghie sulla lavagna?"

6 - RICERCA INTERDISCIPLINARE, 2003 A Stefano Ghirlanda, Liselotte Jansson e Magnus Enquis dell'università di Stoccolma, per aver scoperto che "i polli preferiscono gli esseri umani belli".

5 - MEDICINA, 2007 Ad uno studio mirato ad esaminare "gli effetti collaterali dell'ingoiare spade", scritto dal radiologo inglese Brian Witcombe e dallo statunitense Dan Meyer, direttore esecutivo dell'Associazione Internazionale degli Ingoiatori di Spade.


4 - LETTERATURA, 1998 Alla dottoressa Mara Sidoli di Washington, DC per la sua ricerca "emettere peti come forma di difesa contro timori inesprimibili".

3 - PACE, 2009 A Stephan Bolliger, Steffen Ross, Lars Oesterhelweg, Michael Thali e Beat Kneubuehl dell'università di Berna, per essere riusciti a determinare "se sia meglio essere colpiti sulla testa con una bottiglia di birra piena o con una vuota". Meglio vuota, sembra.

2 - PSICOLOGIA, 2012 Ad Anita Eerland, Rolf Zwaan e Tulio Guadalupe, per il loro studio "inclinarsi a sinistra fa sembrare la Torre Eiffel più piccola".

1 - MEDICINA, 1995 A Michael R. Boyle, Marcia E. Buebel e David S. Shannahoff-Khalsa, per il loro fondamentale studio "gli effetti sulla cognizione della respirazione forzata da una sola narice".




Tra quelli "indimenticabili" annovererei anche l'Ig Nobel per la MEDICINA, 1992 andato a una équipe di scienziati giapponesi che ha portato avanti uno studio pionieristico dal titolo "delucidazione sui composti chimici responsabili del cattivo odore dei piedi", e aver dimostrato che chi pensa che i propri piedi puzzano, ha effettivamente piedi puzzolenti, e invece chi non lo pensa, non li ha.
Da ricordare anche il l'Ig Nobel per la FISICA, 2002 assegnato a una ricerca che dimostrava che "la schiuma della birra segue la legge matematica del decadimento esponenziale", o il premio per la PACE, 2007 assegnato all'istituto americano Air Force Research Laboratory per "aver inventato un'arma chimica devastante, la cosiddetta "bomba gay", capace di far sviluppare in breve tempo una profonda attrazione sessuale tra i soldati di eserciti nemici e di porre così fine alle guerre".

Poi ho cercato, sul sito ufficiale, gli Ig Nobel dedicati esclusivamente alla Matematica e ne ho trovati sei che definirei decisamente fantasiosi se non addirittura inverosimili:

MATEMATICA, 1993Robert Faid di Greenville, South Carolina, veggente lungimirante e appassionato di statistiche, per "il calcolo delle probabilità che Mikhail Gorbachev fosse l' Anticristo (esattamente una su 710,609,175,188,282,000)"

MATEMATICA, 1994 alla Chiesa Battista del Sud dell'Alabama , "per la determinazione di misuratori matematici per la stima di quanti cittadini dell'Alabama andranno all'inferno, se non si pentiranno" 

MATEMATICA, 2002 a KP Sreekumar e a G. Nirmalan (veterinari del Kerala Agricultural University, India) per il loro rapporto analitico sulla "stima della superficie totale degli elefanti indiani".  (Elephas maximus indicus)

MATEMATICA 2006 a Nic Svenson e Piers Barnes (dell'Australian Commonwealth Scientific and Research Organization) per aver calcolato "il numero di fotografie che si devono prendere per far in modo che nessuno, in una foto di gruppo; abbia gli occhi chiusi"

MATEMATICA, 2009 a Gideon Gono, governatore della Zimbabwe Reserve Bank , per aver dato alla gente un modo semplice per far fronte a una vasta gamma di numeri - da molto piccolo a molto grande - avendo la sua banca "stampato banconote con tagli che vanno da un centesimo (0,01 dollari) a 100.000 miliardi di dollari ($ 100.000.000.000.000)".
Zimbabwe's Casino Economy — Extraordinary Measures for Extraordinary Challenges , Gideon Gono, ZPH Publishers, Harare, 2008.

MATEMATICA, 2011 a Dorothy Martin degli Stati Uniti (che ha predetto che il mondo sarebbe finito nel 1954), Pat Robertson degli Stati Uniti (che ha predetto che il mondo sarebbe finito nel 1982), Elizabeth Clare Prophet degli Stati Uniti (che ha predetto che il mondo sarebbe finito nel 1990), Lee Jang Rim della Corea (che ha predetto che il mondo sarebbe finito nel 1992), Credonia Mwerinde dell'Uganda (che predisse che il mondo sarebbe finito nel 1999), e Harold Camping degli Stati Uniti (che predisse che il mondo sarebbe finito il 6 settembre 1994 e che poi ha previsto che il mondo sarebbe finito il 21 ottobre 2011)  "per insegnare al mondo di fare attenzione quando si effettuano ipotesi matematiche e calcoli previsionali"


Edizione Ig Nobel 2014 dedicata al cibo



L'ultima edizione, 2014³, ha visto premiare due ricerche "tutte" italiane......ultimamente l'Italia è stata protagonista di pochi premi Nobel tradizionali, ma spesso di Ig Nobel!!!
Ed è proprio di una di queste, per l'Economia (escamotage usato spesso anche per attribuire il vero Nobel a ricerche matematiche), di cui vorrei parlare.
L'altro premio italiano (Art Prize) riguardava le ricerche neuroscientifiche nel campo dell'arte. Un team dell'università di Bari, composto da Marina de Tommaso, Michele Sardaro e Paolo Livrea, avrebbe dimostrato "le proprietà antidolorifiche del rapimento estatico", misurando la minor percezione del dolore di una bruciatura causata da un raggio laser mentre si osserva un bel quadro in rapporto a quando si osserva una tela brutta.

Il premio per l'ECONOMIA, 2014 è stato conferito all'Istat "per essersi orgogliosamente assunta il compito di adempiere al mandato dell'Unione Europea di aumentare la dimensione ufficiale dell'economia nazionale includendo i ricavi da prostituzione, vendita di droghe illegali, contrabbando, e tutte le altre operazioni finanziarie illecite".

ECONOMICS PRIZE 2014 to ISTAT Italian government's National Institute of Statistics
"for proudly taking the lead in fulfilling the European Union mandate for each country to increase the official size of its national economy by including revenues from prostitution, illegal drug sales, smuggling, and all other unlawful financial transactions between willing participants"

Anche se fu "stupefatta" la reazione del senatore Carlo Giovanardi, secondo il quale “quando si va sul piano dell’illegalità si possono fare solo dei calcoli presunti” e “c’è il rischio di incorrere nella balla colossale dei 60 miliardi di euro che ci costerebbe ogni anno la corruzione. Una balla, ripresa anche dalla comunità europea, che ci ha sputtanati in tutto il mondo”, la scelta merita invece una più ponderata considerazione.
Questo premio infatti mi è sembrato quello forse più in linea con lo spirito degli Ig Nobel, visto che l'obiettivo dichiarato dei premi è proprio quello di "onorare realizzazioni che prima suscitano ilarità e che poi fanno pensare."
Concordo con Enrico Giovannini, ex ministro del Lavoro ed ex presidente dell’Istat, che aveva commentato dicendo che si tratta di “un passo utile e importante per i conti nazionali sempre più rappresentativi dell’effettiva attività produttiva di un Paese, ivi compresa quella, purtroppo, illegale”.
Le voci traffico di droga, prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcool) sono infatti state inserite nel conto economico dell’Italia (e di altri paesi europei), dal 3 ottobre, attuando le linee guida dell’Eurostat, l’ufficio statistico della Ue. Nell'autunno scorso è entrato in vigore in tutta Europa Esa 2010, un nuovo sistema di contabilità pubblica destinato ad avere effetti positivi sul valore del prodotto interno lordo di gran parte dei Paesi dell’Unione.
L’inserimento nel calcolo del Pil (Cambia il sistema dei conti nazionali - testo integrale .pdf) di queste attività illegali è stato un passo per niente semplice da gestire, soprattutto per la misurazione di questo tipo di attività che si sottraggono a qualsiasi forma di rilevazione, ma che secondo ultime stime del Procuratore Nazionale Antimafia, è comunque il mercato più “ricco” (con quasi 25 miliardi di giro d’affari, quello della droga).
L'Istat riconosce come la misurazione delle attività illegali sia "molto difficile, per l'ovvia ragione - spiega - che esse si sottraggono a qualsiasi forma di rilevazione, e lo stesso concetto di attività illegale può prestarsi a diverse interpretazioni". Ecco che, aggiunge, "allo scopo di garantire la massima comparabilità tra le stime prodotte dagli stati membri, Eurostat ha fornito linee guida ben definite".
Si tratta comunque di stime, come lo sono la gran parte delle analisi dei dati che si commentano quotidianamente, Pil compreso.
Va notato che l'Istat già inseriva nel Pil il sommerso economico, cioè tutte quelle attività produttive che, pur essendo legali, sfuggono al controllo diretto attraverso il sistema di frode fiscale e contributiva.
Alla rivalutazione del Pil hanno contribuito per 1,6 punti percentuali (24,6 miliardi di euro) le modifiche dovute alle innovazioni metodologiche introdotte dal Sec 2010. In particolare la quota preponderante (1,3 punti percentuali, pari a 20,6 miliardi) è attribuibile alla capitalizzazione delle spese per ricerca e sviluppo.
Mentre, come spiega l'Istat, una percentuale inferiore, pari 0,8 punti, deriva dall'inclusione di alcune attività illegali come la commercializzazione della droga, la prostituzione e il contrabbando di sigarette, che contribuiscono alla rivalutazione del Pil per 15,5 miliardi (10,5 miliardi dal commercio di droga, 3,5 miliardi dalla prostituzione e 0,3 miliardi dal contrabbando di sigarette).
Su questi nuovi parametri, recepiti con ironia o addirittura con "scandalo", si è fatta molta confusione attribuendo incrementi sproporzionati alle reali rivalutazioni che hanno portato si a un incremento del livello assoluto del Pil ma non hanno modificato (se non molto marginalmente) i tassi di crescita.




Come si vede nel grafico, con le nuove rilevazioni, il Pil italiano risulta superiore dell’1-2% rispetto al dato precedente; per Francia e Germania il beneficio ancora superiore (tra il 2 e il 3% del loro Pil), per Finlandia e Svezia ben più consistente (4-5% in più): infatti i paesi in cui più si registrano investimenti (privati) in ricerca beneficiano maggiormente del cambio di metodologia.
Il ricalcolo del Pil effettuato dagli istituti di statistica nazionali europei non si limiterà al 2014, ma, prendendo come punto di riferimento l’anno 2011, verrà esteso al periodo dal 1995 ad oggi: verranno ricostruite le serie storiche sulla base dei nuovi criteri. 

E a proposito di ironia o "scandalo" dobbiamo chiederci anche che significato vada attribuito al Pil e a ciò che misura. Perché sicuramente si deve fare una netta distinzione tra "misurazione" e "valutazione".
Il Pil misura infatti la quantità di beni e servizi prodotti dal sistema economico, misura appunto la "produzione interna lorda", e quindi si devono considerare la droga , la prostituzione o il contrabbando come beni prodotti e venduti sul mercato.
Non è quindi da tener conto, ai fini della rilevanza del dato, se sia cosa ironica o seria, bella o brutta, accettabile o scandalosa, importa invece che sia un'attività economica a tutti gli effetti, atta a misurare il "prodotto interno lordo" di un paese.
Altra cosa sarebbe invece valutare l'attendibilità del Pil per misurare la performance economica o il benessere dei cittadini.
Ma, come riporta in un interessante articolo Tommaso Rondinella, che condivido, la risposta è no in entrambi i casi.

Per misurare la performance economica di un paese bisognerebbe usare un indicatore, diverso dal Pil, capace di dirci anche di come il reddito viene distribuito, di quanto le persone possano beneficiare di beni e servizi che non hanno un mercato (come il volontariato o il lavoro domestico), di quanti servizi ricevano gratuitamente dallo stato, di quanto la condizione raggiunta dipenda da indebitamento pubblico o privato. Esistono misure di contabilità nazionale che rappresentano questi elementi molto meglio del Pil, come il reddito disponibile aggiustato netto. Inoltre c’è l’enorme questione della valutazione dei danni ambientali prodotti dal sistema economico i quali al momento vanno addirittura ad accrescere il pil sotto forma di spese difensive (depuratori o marmitte catalitiche). Questi problemi erano già chiari a Simon Kuznetz che nel 1934 formalizzò il sistema di contabilità nazionale americano, e quindi il Pil: “il benessere di una nazione difficilmente può essere dedotto dal suo reddito nazionale”.
Invece il Pil è stato usato proprio per quello, e non solo. I livelli di sviluppo dei paesi sono tradizionalmente associati al reddito pro capite, ma questa è una operazione così distorta che già dal 1990 le Nazioni Unite misurano lo sviluppo umano come media di Pil, speranza di vita e livelli di istruzione. Il dibattito internazionale si è poi recentemente spostato sulla misurazione del benessere, un concetto così complesso che nessuno intende misurarlo con un unico numero (a meno di non usare la “soddisfazione per la vita nel complesso”, come molti sostengono). Esperienze come il BES proposto da Istat e CNEL raccolgono numerosi indicatori in modo da rendere giustizia a tutte quelle componenti essenziali per valutare il benessere dei cittadini o il progresso delle società: salute, relazioni sociali, soddisfazione per il lavoro, tempo libero, istruzione etc., ovvero, per dirla con Bob Kennedy “tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta”.(nota 4) 
Il problema principale dell'introduzione delle attività illegali nel Pil, in realtà, sta nel rischio che la politica, avendo come obiettivo la massimizzazione della produzione, possa favorire il fiorire di tali attività. Il rischio è reale, per massimizzare il Pil siamo stati disposti a distruggere interi ecosistemi. La risposta però non sta nel non misurare l'economia criminale, ma nel cambiare gli indicatori che utilizziamo per guidare lo sviluppo delle nostre società.

L'assegnazione all'Istat dell'Ig Nobel per l'Economia 2014, ha raggiunto il suo scopo e, dopo momenti di ilarità/scandalistica, ha fatto riflettere sul Pil e sulle proprietà di questo misuratore, legate anche all'inclusione di attività illegali.
Un'inclusione che fa quindi ritenere che il Pil possa essere considerato si un misuratone della produzione, ma non certo utilizzabile a sostegno delle "valutazioni" sulle politiche economiche, come purtroppo invece spesso accade.
Valutazione che comunque non può essere correlata mai al benessere economico.
E quindi sorge spontanea la domanda Pil o Bil?
Se il Pil è un "indicatore economico", indicatore cioè di come si comportano i sistemi economici basati sullo scambio di merci attraverso il denaro, non è assolutamente valido come "indicatore del benessere" e della prosperità, almeno nelle società cosiddette sviluppate, quelle cioè nelle quali sono garantiti a tutti i minimi standard qualitativi in materia di alimentazione, salute, istruzione, protezione e sicurezza.
Per questo motivo è necessario affiancare al concetto di Pil altri concetti, altri metodi di misurazione e altri indicatori.
Il Bil "Benessere Interno Lordo"è uno di questi e, anche se per il momento è solamente una bozza di indicatore, cerca di misurare la qualità della vita dell'uomo e della comunità in cui vive.
Per le comunità in cui il Pil è basso (i cosiddetti paesi in via di sviluppo o, in quelli sviluppati occidentali le comunità cosiddette marginali) sicuramente un aumento del Pil comporta un aumento del Bil, ma esistono anche fenomeni che fanno aumentare il Bil senza far aumentare il Pil (o addirittura comportandone una riduzione).
Per le comunità con un Pil elevato (i cosiddetti paesi sviluppati o comunque le comunità "economicamente ricche" indipendentemente dai paesi in cui sono presenti) invece è dimostrato che un eventuale aumento del Pil non comporta alcuna variazione positiva del Bil e spesso comporta una diminuzione di tale indicatore (ad esempio, si può avere un alto prodotto interno lordo in una zona ad alto inquinamento, fattore che abbassa il Bil).



Video del Discorso di Bob Kennedy
18 marzo 1968 

Vorrei concludere con le parole che, il 18 Marzo del 1968, Robert Kennedy pronunciò,
presso l'università del Kansas (testo originale), che evidenziavano l'inadeguatezza del Pil come indicatore del benessere delle nazioni economicamente sviluppate.
Tre mesi dopo veniva ucciso durante la sua campagna elettorale che lo avrebbe probabilmente portato a divenire Presidente degli Stati Uniti d'America.


Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero
perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jpnes, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.
Il Pil comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. 
Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. 
Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. 
Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.
Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. 
Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.




note
¹ "L'affascinante storia del Pi greco" articolo di Leonardo Petrillo 
² Perché manca il Nobel per la Matematica? Spiegazione nell'articolo "Jhon Nash, tra genio e follia"
³ The 25th First Annual Ig Nobel Prize Ceremony, Sanders Theatre, Harvard University, Cambridge, Massachusetts, USA.  September 17, 2015, Thursday, 6:00 pm 
4  Famosa frase detta anche nel film "Piccolo Lord" (Little Lord Fauntleroy del 1980) dal protagonista Rick Schroder nei panni di Ceddie Errol o Lord Fauntleroy "La vita può essere migliorata e degna di essere vissuta"

Tango strumentale o cantato?

Questo post nasce dall'esigenza di far chiarezza sulle due, chiamiamole, "scuole di pensiero" che soprattutto ultimamente si individuano nelle scelte musicali dei musicalizador di tango tradizionale che si balla in Milonga: musica solo strumentale o, sempre più "gettonata", cantata?
Troppo spesso ho avuto discussioni sull'opportunità o meno di inserire molti pezzi cantati. 
Sono infatti convinta che non tutti i cantati siano ballabili. 
I ballerini possono ballare su pezzi interpretati da cantanti che intonano tutte le note e giocano con il tempo musicale senza mai perturbare l’armonia, lasciando il brano perfettamente ballabile, ma non possono cimentarsi in tanghi in cui il cantante diventa assoluto protagonista.


Felix Picherna e le sue vecchie cassette 
che hanno fatto ballare migliaia di persone 

Nel tango ogni orchestra ha la sua propria musicalità, con infinite possibilità, e il cantante deve essere solo uno strumento in più.
Come ricorda José - El de la Quimera in questo articolo invece, dopo il '50 (come negli anni che precedono l'innovazione di D'Arienzo), il cantante diviene spesso la stella e quindi una voce che "recita" o "grida" il tango rendendolo inballabile.
Le difficoltà di interpretazione del tango sono molte e il cantato non ballabile, costituisce un'ulteriore difficoltà di percepire la musica e la ritmica e di riuscire a tradurre l'ascolto in movimento. 
Ascoltando un tango, mix di musica e "letras", certo si potrebbe interpretare le emozioni evocate dalla piccola storia che ci viene raccontata, e le parole dei tanghi sono spesso veri e propri poemi, ma quanti ballerini, non argentini, sono in grado di capire le parole? 
Certo poiché prima che con i piedi il tango si balla con il cuore, la comprensione dei testi dei tanghi sicuramente sarebbe utilissima per veicolare emozioni e aiutare la formazione del giusto "sentimento" col quale ballare. Infatti la possibilità di comprendere il significato dei testi aumenta in modo impressionante la capacità di interpretare un tango cantato, ossia di ballarlo in modo più aderente alla musica.
Ed è anche quello che purtroppo percepiscono molte donne che magari, oltre ad avere un grande senso ritmico, comprendono anche il testo e sentono forti emozioni, rendendosi conto al contempo di essere impotenti nell'esprimersi, percependo quindi una forte sensazione di non essere in sintonia col proprio partner. 
E' indubbio che la maggiore profondità che ti dona l'ascolto esige anche una maggiore comprensione e intesa all'interno della coppia che raramente è raggiungibile.
Sempre più spesso mi accorgo come già solo l'ascolto e l'interpretazione musicale siano molto lontani dalle performances dei ballerini e credo che aggiungere l'ulteriore difficoltà di seguire anche un cantato poco ballabile sia pretendere troppo, soprattutto da ballerini non certo professionisti o così culturalmente preparati da saper cogliere le altre sfumature che si aggiungono con la voce. 
Cerchiamo di stare con "i piedi per terra" e di non pretendere che neofiti tangueri appassionati, ma dilettanti, debbano cimentarsi in pezzi che risultano molto meno ballabili.
Il cantante si, ma non per tutte le tande, vals e milonghe comprese come spesso purtroppo accade, e che sia solo uno strumento in più e non un protagonista che "grida" il tango rendendolo inballabile!
Il tango allora diventa da ascolto e sicuramente un bell'ascolto, ma non un bel ballo!

Mi viene in mente un aneddoto raccontato da un maestro di tango, Alfredo Granato, su Placido Domingo quando, dopo una bella recita di Tosca al teatro Colon di Buenos Aires, forse per scherzo, un produttore gli propose di incidere una serie di tanghi, dopo aver saputo che il tenore segretamente ne coltivava alcuni. 
"Sono pronto, incidiamo subito!"
Pensarono che fosse uno scherzo, erano le tre di notte! Ma svegliarono i tecnici e si recarono in sala di registrazione.
Il CD non ebbe un grande successo fra i porteños, ma è rimasta molto suggestiva l'idea che del tango diede Placido: "Un'opera è un dramma che dura tre ore.....un tango è un dramma che dura tre minuti"


Placido Domingo in un'interpretazione superba di "Vida mia".....
ma da ascoltare!!!!!!!!!

Ho avuto la fortuna di fare i primi passi nel tango, con i brani del grande Felix Picherna, il più popolare musicalizador argentino in Italia, il maestro di tutti, l’enciclopedia vivente del tango. 
Ricordo con nostalgia le sue"cassette"con le quali, durante la Milonga, sapeva sempre sorprendere con tanghi inattesi, con un perfetto equilibrio di brani strumentali e cantati, ma sempre brani in cui il cantante, pur bravo e di alto livello, era davvero solo un ulteriore strumento musicale da poter seguire nel ballo.
Lui che nella sua lunga carriera ha incontrato i più grandi interpreti del tango come Miguel Calò, Roberto Firpo, Francisco Canaro, Julio Decaro, Anibal Troilo, Carlos Di Sarli, Tita Merello, Juan Carlos Copes, Maria Nieves......, non ha mai ecceduto in brani cantati e di difficile interpretazione.
Voglio qui ricordarlo con un bellissimo documentario "Esta es mi vida - Diario de un Encuentro" curato da Gianluca Giadima, nella speranza di poterne ancora ascoltare le deliziose "compilations" magari proprio a Buenos Aires, dove è tornato e nelle Milonghe che lo hanno acclamato, dal Salon Pavadita, al Club Almagro, alla Confiteria Ideal, Saavedra, Pinocho o Sunderland.....


Felix Picherna - Esta Es Mi Vida (trailer)

E infine, ma non per ultimo, non dimentichiamoci delle parole del grande innovatore del Tango (quest'anno si compiono 80 anni da quell'innovazione 1935-2015) Juan D'Arienzo.
Controverso infatti fu il suo rapporto con i cantanti, responsabili, a suo dire di tanta parte della decadenza del tango. 

Secondo me la maggior colpa per il declino del tango è da attribuire ai cantanti. C’è stato un momento in cui l’orchestra di tango non era altro che un mero pretesto per l’esibizionismo del cantante. I musicisti, incluso il direttore, non erano altro che gli accompagnatori di una cosa simile ad una star popolare. Per me questo non deve accadere. Il tango è anche musica, come già detto. Vorrei aggiungere che è essenzialmente musica. Di conseguenza l’orchestra, che questa musica la suona, non può essere relegata a fare solo da contorno alle luci della ribalta del cantante. Al contrario la musica è per le orchestre e non per i cantanti. La voce non è, non dovrebbe essere altro che uno strumento aggiunto dell’orchestra. Sacrificare tutto alla gloria del cantante, alla star, è un errore. Io ho reagito all’errore che ha causato la crisi del tango ed ho messo l’orchestra in primo piane ed il cantante al suo posto. Inoltre, ho usato come soccorso al tango la sua forza maschile, che era stata persa nel susseguirsi degli eventi. In questo modo nelle mie interpretazioni ho marcato il ritmo, il nervo, la forza e il carattere che si distinguono nel mondo della musica e che erano stati abbandonati per i motivi di cui sopra. Fortunatamente, questa crisi è stata temporanea, ed oggi il tango ha ripreso quota, il nostro tango, con la vitalità dei tempi migliori. Il mio orgoglio maggiore è di aver contribuito al rinascimento della nostra musica popolare.

Quindi non dimentichiamo mai queste parole del grande Juan D'Arienzo: 
"Il tango è anche musica. Vorrei aggiungere che è essenzialmente musica"
E soprattutto i "novelli" musicalizadores non cerchino originalità a tutti i costi con improbabili brani cantati assolutamente non ballabili e purtroppo, per la maggioranza dei ballerini, assolutamente non traducibili, senza dimenticare che le tandas devono sempre essere determinate dall’atmosfera della milonga e dal livello e tipologia dei ballerini in pista. 

Concludo con una dimostrazione di quanto grande sia il potere della musica, con questa stupenda interpretazione di "Vida Mia", mix di tango e jazz nato dall'incontro di due grandissimi, Osvaldo Fresedo e Dizzy Gillespie. 
Buon ascolto e.....buon ballo!!!!!


1956 - Night Club Rendez Vous Porteño - Buenos Aires.
Encuentro de dos Grandes: Osvaldo Fresedo y Dizzy Gillespie



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